| Yara Gambirasio, “Massimo Giuseppe Bossetti è l’assassino”. È in stato di fermo L'annuncio di una svolta in una delle indagini più difficili della storia giudiziaria degli ultimi anni è stata annunciata direttamente dal ministro dell'Interno. Da oltre tre anni e mezzo polizia e carabinieri, coordinati dalla Procura di Bergamo, cercavano di risalire all’autore dell’omicidio della ragazzina scomparsa il 26 novembre 2010 e trovata cadavere tre mesi dopo in un campo. Il fermato ha 44 anni, è sposato, ha tre figli, è incensurato e fa il muratore
Ignoto 1, il killer di Brembate di Sopra, l’assassino di Yara, non è più un uomo senza identità. Si chiama Massimo Giuseppe Bossetti, ha 44 anni, tre figli ed è sotto interrogatorio. L’annuncio della svolta, in una delle indagini più difficili della storia giudiziaria degli ultimi anni, è stato dato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Le forze dell’ordine, d’intesa con la magistratura, hanno individuato l’assassino di Yara Gambirasio“.
Fermato in base alla Dna, dopo tampone alla madre. A quanto apprende il fattoquotidiano.it l’uomo, che è in stato di fermo e fa il muratore, è stato portato in una caserma dei carabinieri a Bergamo: è stato individuato grazie al Dna. La conferma della sovrapponibilità del profilo genetico di Ignoto 1 e del presunto killer è arrivata ieri agli inquirenti. “Siamo in una fase delicatissima”, si è limitato a dire il procuratore della Repubblica di Bergamo, Francesco Dettori.
A Bossetti, incensurato, si è arrivati dopo che gli inquirenti hanno individuato la madre, una delle donne che aveva avuto una storia con l’autista Giuseppe Guerinoni, morto nel ’99 a 61 anni, il cui Dna era stato prelevato dopo la riesumazione. Il fermato, originario di Clusone ma residente a Mapello, è stato catturato dai carabinieri del Ros, dopo indagini condotte insieme alla Polizia. Il cerchio intorno a lui ha iniziato a stringersi quando alla donna, che aveva avuto una relazione con l’autista, è stato fatto il tampone. I test sono stati ripetuti due volte per avere la certezza che lei fosse la madre di Ignoto 1 e Guerinoni il padre. Per individuare l’assassino di Yara in questi anni sono stati prelevati oltre 18mila campioni genetici e non solo in provincia di Bergamo.
La caccia all’uomo seguendo un profilo genetico. Solo lo scorso 10 aprile era arrivata la conferma inequivocabile che gli investigatori avevano il Dna del killer della tredicenne uccisa il 26 novembre 2010. La ragazzina era scomparsa nelle vicinanze della palestra che frequentava per gli allenamenti. Il suo cadavere era stato ritrovato il 26 febbraio 2011 in località Bedeschi a Chignolo d’Isola, al confine con il comune di Madone (Bergamo). Morta per le ferite e per il freddo dopo un tentativo di violenza sessuale.
L’11 aprile scorso gli investigatori, tra l’altro, avevano ascoltato un vecchio amico dell’autista di bus che vive a Clusone. Il testimone aveva già raccontato in passato agli inquirenti di aver ricevuto da Guerinoni la confidenza che quest’ultimo aveva avuto una relazione con una donna di Clusone. Il 26 aprile scorso, inoltre, i carabinieri avevano prelevato un campione di Dna con un tampone salivare a una donna di 80 anni di Clusone. Il prelievo di saliva era stato inviato subito al Ris di Parma. All’anziana i carabinieri erano arrivati sulla base di alcune voci di paese che le avevano attribuito una frequentazione negli anni Sessanta con Giuseppe Guerinoni.
Gli inquirenti: “La compatibilità non lascia dubbi”. Per gli inquirenti a massacrare la giovanissima ginnasta è stato lui: l’Ignoto 1, figlio dell’autista di Gorno. Compatibilità del 99,99999987% di quel profilo genetico con una macchia di sangue trovata sul corpo della vittima. L’omicida s’era ferito con un coltellino, forse nel tentativo di tagliarle gli slip. Il risultato, che fugava ogni dubbio sulla validità degli accertamenti precedenti, era stato ottenuto con il raffronto eseguito dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo. E dalle analisi scientifiche svolte da esperti di genetica è risultato “altissimo, al punto da non lasciare dubbi”, il dato di compatibilità che indica nel fermato il soggetto che ha lasciato il proprio materiale biologico sul cadavere di Yara.
Oltre tre anni di indagini senza tregua di carabinieri e polizia. Da oltre tre anni e mezzo polizia e carabinieri, coordinati dalla Procura di Bergamo, cercavano di risalire all’autore dell’omicidio, ma invano. All’autista, padre del killer, gli inquirenti erano arrivati confrontando il Dna dell’omicida con i tanti campioni prelevati ai frequentatori di una discoteca di Chignolo, la più vicina al campo dov’era stato trovato il corpo di Yara. Uno dei profili genetici era infatti simile a quello di Ignoto 1 e, analizzando tutti i parenti del giovane, si era giunti a Giuseppe Guerinoni e all’ipotesi del figlio illegittimo. Tutte le altre piste – dalle celle telefoniche alle telecamere, dal cantiere di Mapello (dove inizialmente portò il fiuto dei cani) a Mohammed Fikri (il marocchino indagato prima per omicidio e poi per favoreggiamento, la cui posizione è stata archiviata lo scorso agosto) – non avevano portato ad alcun risultato concreto.
Il sindaco di Brembate: “Atto dovuto alla famiglia”. “Se è vero siamo felici, era un atto dovuto alla famiglia e a tutta la comunità”ha detto all’Ansail sindaco di Brembate Sopra. “Da quando è scomparsa da casa, a Brembate, e da quando è stata trovata uccisa a Chignolo Po (Bergamo), attendevamo questo momento. Ringrazio tutti quelli che hanno messo tante risorse in campo per arrivare a questo risultato”.
Il parroco di Brembate: “Spero non prevalga vendetta”. “Penso a questa persona. Spero che ora non prevalgano sentimenti di vendetta nei suoi confronti. Questa comunità in questi anni è stata molto matura. Pur impaurita e ferita non ha ceduto a sentimenti di vendetta. Il papà di Yara mi ha detto che se lei è morta è perché noi diventassimo più buoni. Se ora questa notizia verrà confermata cosa facciamo nei confronti del presunto assassino? Invochiamo la pena di morte? No, certo. A me interessa che Yara – dice don Corinno Scotti, il parroco di Brembate -sia stata e continui a essere un dono per la nostra comunità. Ho tirato un sospiro di sollievo ma ancora non so nulla di preciso”, dice. “Proprio quindici giorni fa abbiamo inaugurato qui in oratorio un monumento in ricordo di Yara che ho voluto chiamare stele di luce. Perché comunque andrà a finire questa dolorosa vicenda Yara è così che deve essere ricordata: come un dono, un dono prezioso”.
Il premier Matteo Renzi si sono complimentati con il capo della Polizia, Alessandro Pansa, e con il comandante generale dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli, per l’impegno dei loro uomini e per la grande sinergia nelle indagini. “L’Italia è un Paese dove chi uccide e chi delinque viene arrestato e finisce in galera. Può passare del tempo o può finirci subito. Ma questo è il destino che attende i criminali. Oggi, due successi che dedichiamo ai familiari delle vittime e agli italiani onesti” dice il ministro riferendosi anche al’omicidio di Motta Visconti.
Speriamo che Giustizia sia e sia fatta! |
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