Yu-Gi-Oh! La Catena dell'Inesistenza

[AVVENTURA][COMICO][SERIO][VM 13]

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  1. Xivren
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    Buonasera cari lettori!
    Sono lieto di rivedervi! Dunque, andiamo avanti con la storia, già che ci siamo (insomma, per cos'altro sarei qui altrimenti? :asd: ). Nel precedente capitolo abbiamo visto tre differenti reazioni all'attacco del Principe: la prima, quella di Lasyrindes, che dopo un'iniziale sfuriata poco gentile si è convinto che il fine (ovvero riuscire a rubare Rayshin dall'Ordine) valga decisamente il mezzo (ovvero la distruzione della metropoli); quella di Icero, che invece è apparso estremamente divertito dal corso che le cose stanno prendendo, come ha commentato assieme ad una misteriosa compagna che, al contrario, ha mostrato alcuni dubbi sul successo della missione; quella infine di Nicolas, che stata amabilmente ciarlando con Louis mentre i suoi compagni venivano maciullati dal Principe (ognuno sceglie le sue priorità, eh).
    Oggi invece vedremo come hanno reagito all'arrivo del Principe chi all'interno della metropoli c'è.Vi auguro buona lettura!



    CAPITOLO 59 – DESIDERIO RISOLUTO

    Mercoledì 15 Novembre - Ore 22:34 - New York, Other

    Nizlar ammirò in silenzio lo spettacolo dell'acqua che, in un fragore di vetri, cemento e metallo polverizzati, si stava riversando per le vie della metropoli. "Ho fatto bene a calibrare con attenzione l'onda, altrimenti a quest'ora questo grattacielo e gli altri sarebbero già crollati... Non che mi interessi, ma ho bisogno di stanare l'Ordine, prima di distruggerlo" si disse, per poi rivolgere lo sguardo verso est.
    Un gruppo di soggetti stava risalendo, con una serie di balzi, il palazzo sul quale si trovava. Arrivati in cima si rivelarono essere quattro membri dell'Ordine, ognuno con una bizzarra lama bronzea fuoriuscente dalla manica, di cui uno con una fascia rossa al braccio e gli altri tre dorata. Il primo vibrò un fendente dall'alto verso il basso, che il Principe schivò voltandosi di centottanta gradi. Mentre il fendente tagliò, a giudicare dal tonfo sommesso proveniente dal fondo del mare, l'intero palazzo, il membro dell'Ordine vibrò un successivo calcio verso il Principe torcendo il busto: incrociando entrambe le pistole Nizlar fermò il colpo e bloccò i movimenti dell'avversario, puntandogli poi contro la canna dell'arma di sinistra. «Ottimi movimenti, ma inutili» commentò pigramente, per poi premere il grilletto.
    Prima che il proiettile d'acqua colpisse il membro dell'Ordine, che sorrise, una lama lo tagliò a metà: una donna con la fascia dorata aveva portato la propria arma tra i due e, con uno schiocco di dita, questa si espanse perpendicolarmente verso il Principe ancor prima che il suono del movimento fosse scomparso nell'aria.
    Nizlar indietreggiò con una capriola, atterrando ad una decina di metri di distanza: «Potete modificare la loro conformazione? Che idea carina» commentò. Sicuramente era stato Icero a sviluppare quelle lame, il che significava sicuramente una quantità di sorprese a non finire.
    Appena appoggiò i piedi a terra i restanti due membri dell'Ordine gli comparvero rispettivamente davanti al petto ed alle spalle, le loro lame sollevate e lanciati in un attacco a tenaglia. Il Principe si piegò a terra, facendo sì che le due lame gli passassero sopra senza sfiorarlo, e, mentre i membri dell'Ordine erano ancora nello slancio dell'attacco, ruotando verso l'alto sferrò un calcio nel tratto in cui le due lame si incontravano, appoggiando la pianta del piede al loro piatto.
    I due membri dell'Ordine persero l'equilibrio mentre, a causa del calcio, le loro armi ed i loro corpi venivano spinti di lato: in quello stesso momento il Principe si drizzò e, puntando le due pistole al volto degli avversari, sparò. Nonostante la velocità dell'attacco i due trovarono però sufficiente forza per darsi una spinta da terra con l'altra mano: spiccando così un balzo verso l'alto, evitarono i proiettili, che vennero tagliati a metà dalle lame mentre salivano. In questo modo, evitando l'attacco, poterono allontanarsi dal Principe e raggiungere i loro compagni, per quanto le dita della mano con cui si diedero la spinta fossero diventate livide.
    «Non male come soldatini, ma ho visto di meglio» dichiarò Nizlar, rialzandosi tranquillamente da terra. Si pulì il vestito dalla polvere depositatasi sopra: odiava indossare indumenti sporchi, poiché era una mancanza di cura sia verso sé stessi sia verso l'avversario. Presentare un aspetto elegante e distinto, invece, significava avere coscienza dell'importanza dell'imminente morte dell'altro.
    Sistematosi, tornò a guardare il gruppo che lo aveva attaccato. Tutto sommato, si erano lanciati con coraggio in una battaglia che chiaramente non potevano vincere. Stupidi senza dubbio, ma meritevoli di una certa stima. «Vorrei che mi diceste dove i vostri superiori hanno portato Rayshin ed Esteban. Se collaborerete, vi lascerò andare senza farvi alcun male» propose.
    I membri dell'Ordine si scambiarono una veloce occhiata l'uno con l'altro, e quello con la fascia rossa al braccio gli puntò contro la lama, sfoggiando un sorriso irriverente. «Credi davvero che venderem...» cominciò a dire, ma la sua voce si interruppe pressoché subito: una nave da crociera travolse il gruppo, portando con sé più di metà del tetto e gli ultimi cinque piani del palazzo.
    Il Principe abbassò la mano destra appena sollevata, e la nave seguì il movimento, tornando con un fragore tremendo nel mare sottostante. «Non è la risposta che volevo, peccato» borbottò Nizlar mentre, balzando sui detriti in caduta del palazzo, i membri dell'Ordine tornavano all'attacco: a giudicare dai rumori che provenivano dal basso, quella struttura non sarebbe rimasta in piedi ancora per molto, ed in buona parte era già collassata. "Sono coriacei senza dubbio... Icero ha scelto bene i suoi schiavi" pensò tra sé e sé, voltandosi.
    In quel momento un altro gruppo gli era comparso alle spalle, costituito da sei persone con la lama sguainata. I detriti impedirono a Nizlar di distinguere le fasce sui loro bracci, ma infondo le loro figure erano perfettamente distinguibili: sollevando la mano destra un'altra nave, questa volta un mercantile, emerse dalle acque e si schiantò contro quei nuovi arrivati. Poi, abbassando il polso, Nizlar fece compiere al mercantile una traiettoria a parabola, investendo così nuovamente il primo gruppo dell'Ordine.
    Questa volta l'impatto con l'acqua fu troppo forte e, con ultimo scassone, il palazzo cedette definitivamente. Con uno sbuffo Nizlar saltò, allontanandosi dai resti del grattacielo su cui fino a poco prima era rimasto, mirando a quello posto ad una ventina di metri di distanza. Allo stesso momento dal mercantile quasi inabbassato fuoriuscirono i membri dell'Ordine: alcuni avevano delle ferite sul viso e la divisa strappata, ma sembravano ancora tutti perfettamente interi.
    «Oh...» sussurrò Nizlar per la sopresa, non tanto dovuta al il ritorno di quei soggetti quanto a ciò che avevano portato con loro. «Una notevole sincronia» ammise, bloccando tra l'indice ed il medio della mano destra un fendente apparso all'improvviso a pochi centimetri dal suo volto. «Da impavido dominatore delle ombre adesso servi gli esseri umani? Ne deduco che l'essere sconfitto da noi sia stato un brutto colpo per te, Dislau» osservò il Principe, mentre l'ombra che lo aveva attaccato si era materializzata.
    Aveva lo stesso aspetto di quanto Lasyrindes lo aveva detronizzato, reclamando a sé la dimensione dominata da quelle creature della notte: un'armatura violastra sul corpo, le cui placce presentavano vistose decorazioni simili a zanne affilate, sopra una divisa in tessuto nero con una fascia di pura oscurità attorno alla vita. Le rune rosse sull'armatura brillavano nella notte come lingue di fuoco, ma erano nulla al confronto della luce sovrannaturale proveniente dai suoi occhi dorati, che lo stavano fissando con un odio spropositato. Dislau aveva sempre la sua lunga flamberga in pietra nera, la cui elsa era decorata a forma di ali di pipistrello: un'arma di squisita fattura, la cui costituzione era stata scoperta trattarsi della manifestazione concreta di paura e terrore, in modo tale che attaccando questi sentimenti potessero paralizzare completamente l'avversario e renderlo inerme. Una tattica efficace, ma inutile. Funzionava unicamente contro esseri capaci di provare emozioni e desideri, cosa che al momento lui non aveva.
    "Non che ne abbia mai avuti, a conti fatti" osservò il Principe, mentre con l'altra mano bloccava il colpo che Dislau gli aveva sferrato usando lo scudo come mazza. «Ti abbiamo già ucciso una volta, non ci servi più» dichiarò, per poi afferrare la pistola precedentemente lanciata in aria e sparare all'essere. «Torna a servire gli esseri umani come "Cavaliere Vampiro Scarlatto Bram", Dislau, e divertiti» aggiunse, mentre il corpo di Dislau sparì nel vuoto del cielo notturno, da cui si era originato.
    Ponendo nuovamente lo sguardo verso il basso, il Principe notò che i membri dell'Ordine erano nuovamente spariti dalla vista, probabilmente nascosti all'interno di quale palazzo o, più probabilmente, in fuga dalla metropoli. Sbuffando stancamente, atterrò sull'antenna di un grattacielo sottostante e, con un cenno di capo, sollevò ancora una volta dai flutti marini il mercantile e la nave da crociera.
    Emettendo striduli cigolii, le due imbarcazioni raggiunsero la postazione del Principe riversando colonne d'acqua dai loro ponti principali, assieme a lastre e placche metalliche distrutte. Il Principe allora sollevò la mano destra e lasciò cadere il mercantile: afferrandolo per la chiglia notò che, nonostante si fosse piegato di circa trenta gradi rispetto all'aspetto originario, il mezzo era ancora utilizzabile.
    Annuendo, il Principe spostò lo sguardo sui grattacieli che gli restavano davanti. Molti erano crollati a causa dell'onda evocata pochi minuti prima, mentre altri avevano subito lo stesso destino a causa dello scontro con i membri dell'Ordine, ed i loro resti erano ancora attraversati da costanti esplosioni e cedimenti interni. Tuttavia, più che delle condizioni delle costruzioni, il Principe si interessava della reale estensione della metropoli: era indubbiamente vasta, coprendo più di novecento chilometri quadrati ora sommersi.
    "Nel peggiore dei casi ordinerò la ricostruzione di questa metropoli a guerra vinta... L'importante adesso è stanare i topi, ma devo limitare lo spazio in cui possono nascondersi" si disse, e puntò l'indice della mano destra davanti a sé. In quello stesso momento, un gigantesco muro d'acqua avvolse l'intero perimetro della metropoli: sollevandosi dall'onda appena evocata, circa un chilometro di flutti si mosse verso il cielo, trascinando con sé tutto quanto fosse stato sommerso nelle vicinanze. Il livello generale di acqua calò di diverse decine di metri, ma a causa della forza con cui il muro si alzò diverse strade e palazzi vennero risucchiati al suo interno, sbriciolandosi.
    «Ottimo. Adesso giochiamo a "schiaccia la talpa"» commentò Nizlar, e lanciò il mercantile in avanti. L'imbarcazione si schiantò contro una fila orizzontale di grattacieli, distruggendo sé stessa e questi in una nuvola di polvere e di fuoco, per poi cadere in acqua ed inabissarsi definitivamente. Dai resti di quei palazzi, che dovevano essere almeno cinque, nessun membro dell'Ordine fuoriuscì.
    "Uhm... Se non vengono vuol dire che si trovano da qualche altra parte. Proviamo di là..." riflettè il Principe, afferrando con la mano sinistra la chiglia della nave da crociera e voltandosi di novanta gradi a destra. Questa volta il lancio della nave colpì tre palazzi in verticale, ma non fu più fortunato del precedente.
    «In effetti “schiaccia la talpa” è un gioco noioso. Meglio cambiare con qualcos'altro» borbottò Nizlar, scurendosi in viso mentre il mercantile e la nave da crociera tornavano al loro posto.
    Aveva sempre avuto orrore della noia, eppure questa continuava a tormentarlo senza sosta. Nonostante fosse finito in un'altra realtà, assieme ai suoi fratelli ed ai loro sottoposti, in cinque secoli non riuscì mai a trovare qualcosa di davvero piacevole: la flebile speranza che la sfida lanciatagli da quei criminali potesse rivelarsi eccitante era già morta.
    Sospirando, il Principe spostò lo sguardo su quanto rimaneva della metropoli: in lontananza, a pochi metri prima del muro d'acqua, notò l'enorme torre realizzata all'estremità dell'area che, se ben ricordava, veniva chiamata “Bronx”. Una costruzione dorata alta circa seicento metri, che fungeva da principale centro comunicativo in quell'area costiera e collegata ad altre sparse lungo il continente. Era stata eretta dalla Presidentessa Seref dieci anni prima, per simboleggiare la rinascita di uno dei quartieri più malfamati della metropoli nei secoli passati.
    Dato che necessitava dei membri dell'Ordine vivi per trovare i due fratelli, decise di non esagerare. «Andiamo col freesbee» disse, per poi piegare all'indietro il braccio sinistro soltanto per distenderlo l'istante successivo. Il mercantile si scagliò in avanti, ruotando su sé stesso, per poi impattare contro il quartiere Bronx: a causa del movimento con cui era stato lanciata, l'imbarcazione proseguì in avanti il suo tratto per diversi chilometri, prima che le macerie accumulatesi la bloccassero.
    Per quanto un terzo della zona designata fosse stato cancellato, nessun membro dell'Ordine comparve all'orizzonte, ed il Principe sospirò stancamente.

    ---


    «Siamo, per utilizzare un eufemismo, nella cacca fino al collo» commentò Emas, appoggiando pigramente la fronte sul vetro.
    Il Dadoducco ed i suoi compagni si erano nascosti dentro un palazzo della metropoli non appena l'onda marina l'aveva superato; ora che l'acqua si era ritirata per formare quel muro di contenimento la struttura era tornata vuota, eccezione fatta per i piani inferiori. Trattandosi di un grande centro commerciale, il gruppo aveva trovato rifugio in un ristorante al momento chiuso, in modo tale da poter trovare anche soltanto una minima fonte di nutrimento per riprendere le forze.
    «Merda!» sbottò Delver, seduto su un tavolino lì vicino, al che Emas gli rispose immediatamente: «Sì, Delver, è quello che ho detto io... Solo meno volgarmente».
    «Perché né Elsmay né il Sommo Ierofante rispondono!?» continuò Delver, ignorando l'osservazione del compagno, mentre tentava di collegarsi con i suoi superiori. Lo schermo olografico sul suo polso, tuttavia, non presentava alcuna immagine: nulla più che una serie di strisce di colori disturbate ed instabili, nonché accompagnate da un fastidioso brusio di sottofondo.
    «E' probabile che il Principe abbia modificato la conformazione fisica e gravitazionale dell'intera area. A quanto ho visto nei piani sottostanti, l'acqua evocata ha fatto da compressore per tutti gli esseri viventi colpiti: dall'esterno i loro corpi non hanno alcuna ferita, ma penetrando al loro interno il liquido ha disintegrato ogni cosa, dagli organi ai tessuti. Non è normale acqua marina, per cui non escludo che possa avere effetti che non conosciamo... Per esempio, ho provato a versarci dentro due bicchieri di acqua del rubinetto: uno è evaporato e l'altro si è congelato, ma in nessun modo si sono mischiati» illustrò Emas, picchiettando la testa ripetutamente contro il vetro.
    «Uhm... Fortunatamente nessuno dei nostri compagni è caduto vittima di tale attacco, altrimenti avremmo avuto tremende complicazioni. Ma allo stesso tempo siamo come topi in trappola! Una grande, grossa, grondante ed umida trappola!» borbottò Delver, sollevando le gambe verso l'alto per poi scendere a terra con un salto. «Dobbiamo inventarci qualcosa o non ne usciremo vivi. Non siamo pronti per affrontare un Principe: ci siamo separati in piccoli gruppi per poter fuggire senza dare nell'occhio, ma allo stesso tempo abbiamo disperso il nostro potere bellico e lui ne ha approfittato per tenerci separati. Non dimentichiamoci poi, Emas, che i nostri corpi sono ancora rovinati a causa di quel dannato Ibrido. Siamo anche senza l'equipaggiamento adatto e senza indicazioni dettagliate sui poteri del Principe...» aggiunse, chiudendo le mani per batterle leggermente contro le labbra.
    Che depressione questi due! E Rayshin è riuscito a resistere con loro per mesi interi? Incredibile!” commentò tra sé e sé Esteban, guardando i Dadoducchi.
    Dal tavolino al quale era seduto, sul fondo della sala, il bambino vedeva l'Ordine di Yeni Aci ragionare disperatamente su come salvarsi. Quei due, Delver ed Emas, si erano posizionati in prossimità della fila di finestre del piano, senza esporsi chiaramente ed allo stesso tempo cercando di controllare i movimenti provenienti dall'esterno; con i volti pallidi e madidi di sudore, parlottavano di varie stupidaggini: l'incolumità dei loro compagni e la loro sopravvivenza, come fare breccia nel muro d'acqua ed altri argomenti noiosi.
    Dal canto suo, Esteban stava facendo qualcosa di incredibilmente più utile ed intelligente rispetto a quel branco di sanguinari terroristi. Dato che era stato portato in quel posto, così volgare e gocciolante, per rispetto delle norme sociali aveva preso da un congelatore una coppetta di gelato alla vaniglia e, una volta recuperato un cucchiaino, aveva cominciato a mangiarlo.
    Per celebrare l'occasione del tanto a lungo desiderato ritrovamento di Rayshin, Esteban aveva anche scelto una tortina alla panna ed una bottiglia di vino bianco per quest'ultimo. Sarebbe stato fantastico brindare con gioia alla fine di una separazione così lunga e dolorosa, e tentare di ricostruire la vita improvvisamente devastata dagli eventi...
    ... ma mamma e papà non ci sono più”. Come se gli avessero gettato sulle spalle una palla chiodata pesante tonnellate, ad Esteban tremarono le braccia e dalla bocca gli uscì quali un singhiozzo. Lasciò cadere il cucchiaino sul tavolo e strizzò l'occhio, sforzandosi di dimenticare l'orrenda immagine dei cadaveri dei suoi genitori che, dopo ore di ricerche, venivano ritrovati tra le macerie della loro villa in montagna.
    Allora con lui c'era soltanto il Principe Rael, in una fredda notte tormentata da una tempesta di neve di impressionanti dimensioni. Ricordava perfettamente la scena: lui tremante e coperto dal mantello del Principe; un soldato che faceva rapporto, mostrando due corpi rimasti integri soltanto dalle spalle in su e sfigurati; lui che si accasciava poi a terra in preda alle convulsioni.
    Rael lo aveva preso in braccio, cercando di tranquillizzarlo, ma le sue parole erano state coperte da grida disperate e lamenti orribili che si erano mescolati all'oscurità del cielo, avvolgendo l'intero spazio e tutti i presenti. Aveva sbattuto continuamente la testa sulla spalla del Principe con cieco furore, chiamando il nome di suo fratello maggiore, fino ad oscurarsi la vista a causa delle lacrime e del sangue.
    Mordendosi le labbra, Esteban si forzò a svegliarsi da quel ricordo. Aveva già pianto a lungo la scomparsa dei suoi genitori, ma adesso con lui c'era Rayshin, e pertanto non poteva permettersi di rovinare il momento. Prese in mano la bottiglia di vino e ne versò un po' nel bicchiere del fratello, esclamando: «Fratellone, questo è uno dei tuoi preferiti! Vorresti brindare alla nostra ritrovata felicità?»
    Rayshin non rispose, continuando a fissare immobile un punto indistinto sul tavolino, probabilmente tra il vaso di fiori e la saliera.
    «Fratellone, credo che bere un sorso ti farebbe bene! Hai riportato seri danni dai colpi di quell'uomo-piovra-robot, e hai bisogno di riprenderti!» continuò imperterrito Esteban, avvicinando il bicchiere al mento del fratello.
    Rayshin, ancora, non rispose, e per qualche strano motivo aveva preso a respirare con più intensità. “Strano... Questo posto è ben ventilato, e non fa neppure caldo. Che stamattina si sia stretto troppo il fazzoletto al collo?” rifletté il bambino, piegando la testa di lato mentre fissava il fratello.
    «E-uhm... Signorino Esteban, temo che il Signorino Rayshin non si senta molto bene. Se posso permettermi, le consiglierei di non disturbarlo al momento, anche perché l'assunzione di alcool potrebbe comportare più svantaggi che vantaggi» intervenne Irene, in piedi dietro la sedia del ragazzo. Da quando erano arrivati in quel locale la giovane era rimasta costantemente nelle vicinanze di Rayshin, aiutandolo anche a sedersi mentre Esteban recuperava il suo gelato, e non gli aveva tolto gli occhi di dosso: nel suo sguardo sembrava esserci una strana espressione, come se stesse soffrendo per qualche motivo.
    Dannata sgualdrina, come osi parlarmi così!? Io, disturbare Rayshin! Io, tra tutte le persone! Io, che gli sono sempre stato vicino e l'ho sempre amato! Che vuoi capirne tu, donnaccia da quattro soldi!? La sola cosa che ti interessa è portarti a letto mio fratello: è sempre stato così, fin da quando eravamo bambini! Sgualdrina! Per aver anche solo pensato simili situazioni con Rayshin dovrei sventrarti e riempirti la testa con le tue stesse budella! Tanto non è che il cervello ti serva granché, potrei anche fartelo mangiare per quel che vale. Vedremmo se poi avresti ancora tempo per fingerti preoccupata per Rayshin!” urlò dentro di sé Esteban, mordendosi la lingua fin quasi a sanguinare. Era un sistema che il caro Diell... o meglio, Icero, stando a come le cose dovevano essere... gli aveva insegnato a scuola anni fa per controllare la rabbia, anche se al momento aveva molta più voglia di strappare la lingua di Irene a morsi.
    No, no no no no no. Calma e tranquillità. Rayshin non ha bisogno di macchiarsi di sangue. No, oggi è un gran giorno! Un giorno splendido! Non posso permettermi di rovinare il tutto facendo del male alla sua cameriera personale: infondo, lui le vuole bene. Non stanno neppure male assieme. No, devo fare di tutto per assicurarmi che Rayshin stia bene. E poi Irene non ha ancora avuto modo di fare... cose con mio fratello, per cui non sono ancora in svantaggio” si corresse immediatamente, rilassando la mascella. Era un'occasione troppo bella per mandarla a monte, e lui lo sapeva benissimo. Dopo mesi di chissà quali torture, adesso Rayshin doveva essere lasciato in pace, e lui non gli avrebbe di certo portato scompiglio in alcun modo.
    E poi, il Principe li avrebbe trovati da lì a poco e tutto sarebbe finito nel migliore dei modi, con lui e suo fratello finalmente riuniti in viaggio verso la Capitale e l'Imperatore
    Per questi motivi, Esteban si sforzò di sorridere ad Irene e lasciò perdere il bicchiere, appoggiando allora la mano sulla spalla del fratello. Doveva ammettere che vedere quella pelle blu scuro, in opposizione alla sua così pallida, era davvero una sensazione magnifica. «Fratellone, scusami. Non volevo essere ossessivo. Questa festa non è poi così importante, possiamo lasciarla perdere» gli disse con un caloroso sorriso, e con la coda nell'occhio vide Irene sorridere.
    Rayshin rimase immobile per diversi secondi, poi il suo corpo fu attraversato da una serie di brividi. A quella reazione Esteban staccò istantaneamente la mano dalla sua spalla, temendo di averlo infastidito, ma non cambiò nulla, ed anzi le cose peggiorarono. Il ragazzo iniziò a singhiozzare sommessamente, poi sempre più forte fino a che, stringendosi la testa tra le mani, iniziò a piangere.
    «Persa... Tutta quella gente... persa per sempre... morta... l'onda... l'onda...» Rayshin lamentò con una voce simile ad un sussurro, ed Esteban vide che, a causa dei movimenti tramanti, si stava piantando le unghie sotto la pelle della nuca. Gocce di sangue si mischiarono a quelle delle lacrime già cadute sul tavolino, e forse fu proprio uno sguardo a quella miscela rossa che lo fece gridare. Il suo urlo riecheggiò per tutto il locale, perdendosi nell'eco del palazzo vuoto, finché non si spezzò in una serie di spasmi agonizzanti.
    «F... fratellone, che cos'hai?» domandò immediatamente Esteban, balzando in piedi con una tale forza da far cadere all'indietro la sedia. Era una scena orribile, spaventosa oltre ogni livello mai affrontato dall'umanità: Esteban non aveva mai visto suo fratello in quello stato, e soltanto ora ne era riconoscente. Non poteva assolutamente tollerare che un dolore simile attanagliasse l'animo di una persona così pura, così dolce, così perfetta come Rayshin... E poi, per cosa? Per qualche persona uccisa nell'attacco del Principe?
    Dannati idioti! Non sono stati neppure capaci di morire in pace! No, hanno dovuto gettare tutta questa pressione su mio fratello! Sapevo che gli abitanti dell'Other non avessero la benché minima forma di dignità ed onore, ma stavolta hanno oltrepassato ogni limite!” si disse mentre cercava di abbassare la braccia di Rayshin dalla sua testa: nel grido il ragazzo aveva, probabilmente involontariamente, aggravato le ferite causate dalle unghie, ed ora il sangue usciva con maggior intensità. “Perché non si taglia le unghie? Rischia di graffiarsi e di ferirsi! Certo, non mi dispiacerebbe se lo facesse con me, ma non posso tollerare che rovini il suo corpo così! Povero Rayshin!”.
    «Signorino Rayshin! Si calmi! Ci siamo noi a proteggerla!» accorse immediatamente Irene, afferrandolo con delicatezza per le spalle. L'espressione della giovane ora era ancora più accigliata, e le occhiaie dovute alla fatica attorno agli occhi sembravano essere diventate più scure.
    Oh, fantastico! Come se potessimo contare sulla tua protezione! Prima non sei riuscita a proteggerlo da quello scienziato-calamaro: come pensi di farlo con il Principe dell'Acqua? Siete tutti completamente inutili per mio fratello, tutti!” commentò tra sé e sé Esteban, lanciando un'occhiataccia alle mani di Irene sul corpo di Rayshin. Se suo fratello stava soffrendo, per chissà quale motivo poi, di certo non spettava certo ad una donna del genere assisterlo, non dopo averlo consegnato ad un gruppo di terroristi sanguinari per mesi e mesi al posto di proteggerlo. Soltanto lui, rimasto costantemente fedele a Rayshin nella vicinanza e nella lontananza, nella buona e nella cattiva sorte, nel bene e nel male, aveva questo privilegio: era suo dovere aiutare e capire Rayshin, Irene non doveva intromettersi.
    Da lontano i due Dadoducchi si voltarono verso di loro, e Delver domandò con una certa apprensione nella voce: «Che succede, Irene? Rayshin, non ti senti bene?», e dopo di lui intervenne anche Emas: «Quanta sofferenza nella sua voce... Ma non devi temere, Rayshin, faremo di tutto per assicurare la tua sopravvivenza: questi sono gli ordini del Sommo Ierofante».
    Oh, grandioso! Come se a questi due mostri contasse minimamente dello stato di mio fratello! A quanto ho capito sono tra i gradi più alti dell'Ordine, e sulle loro coscienze hanno milioni di morti! Dovrebbero vergognarsi anche soltanto di proferire simili parole! Io solo posso confortare mio fratello!” borbottò Esteban, stringendo i denti. Com'era possibile che così tante persone si fossero legate a Rayshin in così poco tempo? Certo, l'avevano fatto soltanto per sfruttarlo, come gli aveva spiegato Lasyrindes, ma vedere un tal numero di mosche ronzare attorno ad un diamante... “Che spettacolo disgustoso! Devo portare via Rayshin il prima possibile!” sentenziò.
    «NO! Tutte le persone morte! Erano innocenti, e sono morte! Uccise dal Principe! L'Impero nel quale sono cresciuto... che ho sempre amato... ha ucciso milioni di persone! E per cosa? Perché vogliono me! Io sono il responsabile di quelle morti, soltanto io! Se io non fossi stato presente, tutto questo non sarebbe successo! Invece ho distrutto tutte quelle vite, ho fatto sì che Irene venisse ferita e, peggio ancora, che Esteban fosse in pericolo!» gridò Rayshin, battendo i pugni sul tavolo con una tale forza da ferirsi il dorso delle mani. A quella reazione, Esteban ed Irene si staccarono immediatamente da lui, fissandolo sbigottiti.
    «Prima quel pazzo che ci insegue per mezza città, aiutato dai miei migliori amici! Adesso invece il Principe dell'Acqua che decide di distruggere la città! Perché!? PERCHE'!? Che cosa ho fatto di male per causare tutto ciò? Che cosa sono di così mostruoso da essere braccato da Gren, da Icero e dall'Imperatore? Non lo so, e non vorrei neppure esserlo! Io volevo una vita tranquilla e felice con la mia famiglia, i miei amici, i miei affetti... Perché adesso mi ritrovo in questo inferno? Ho già rischiato di morire più volte, sono finito nelle mani di un'organizzazione criminale, tutti coloro a cui volevo bene non ci sono più, il mio corpo è diventato orribile... Non volevo... non voglio subire tutto questo! Io sono solo un ragazzo! Non sono né un Principe come quello là fuori né un combattente come quelli qui dentro! Non sono così, eppure tutto si concentra su di me! E così milioni di persone hanno sofferto a causa mia! Perché devo essere la causa di tutta questa sofferenza!? Perché!? Non ho nessun diritto di rovinare delle vite!» pianse Rayshin, abbassando poi la testa sul tavolo per sbattercela sopra ripetutamente.
    «Bah! Va bene!» esclamò Delver sollevando entrambe le braccia, per poi avanzare verso il tavolo presso cui Esteban e Rayshin si trovavano. «Ora, mio “sono solo un ragazzo”, è tempo per te di tirare fuori le palle e cominciare a fare qualcosa di utile. Ne abbiamo già discusso giorni fa, ricordi? Spetta a te il compito di distruggere il Principe!» dichiarò, indicando con decisione il maggiore dei due fratelli.



    E così finisce il capitolo, cari lettori.
    Allora, le tattiche di attacco dei membri dell'Ordine si sono rivelate inefficaci: nonostante tutti i loro sforzi, l'esperienza e la velocità del Principe si sono rivelate ostacoli decisamente insormontabili, specie se poi uniti a proiettili letali come quelli a sua disposizione. Neppure mandando contro di lui un Mostro, ovvero il Cavaliere Vampiro Scarlatto Bram (il cui nome "Dislau" è tratto dal nome rumeno "Ladislau"), come diversivo per permettere la loro fuga è riuscito, ma anzi ha peggiorato la situazione: adesso la metropoli è circondata da un muro acquatico, che come una prigione ha sigillato la libertà di tutti coloro che si trovano al suo interno. Intanto, il Principe giustamente ha deciso di giocare al freesbee con delle navi :asd: .
    Ciò non di meno, nonostante la situazione sia un tantinello tragica Esteban non ha problemi a gustarsi un gelato, ed a osservare interessato la situazione in cui si è ritrovato. Non si può non apprezzare il suo innocente candore, no? :asd:
    Al contrario, Rayshin ha avuto un crollo nervoso non indifferente quando ha realizzato tutto il peso di quanto sta succedendo. Fin dalla comparsa dell'Ibrido Sirius, tutto ciò che è accaduto lo ha investito come un tempesta: un duello mortale, l'attacco del Dottor Gren, l'intervento dell'Ordine, la tensione dello scontro tra le due parti, l'improvvisa entrata in scena del Principe ed adesso l'onda marina sono troppo da digerire in una volta sola per un ragazzo nel suo primo momento di "calma".
    Per contro, Esteban non sembra minimamente scosso dalle cose, ma soltanto dal benessere di Rayshin. Ah, l'amore fraterno...
    Bene, che cosa accadrà adesso? A cosa si riferiva Delver quando diceva che Rayshin dovrà affrontare il Principe? Ed Esteban, come reagirà a questa sorpresa? E che fine hanno fatto gli Ibridi?
    Restate connessi per il prossimo capitolo de "La Catena dell'Inesistenza", cari lettori: un nuovo piano d'azione prenderà piede ed un molto poco serio ambasciatore realizzerà un'alleanza sorprendente! Alla prossima, dunque, e buona serata :ciao: .
     
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