Yu-Gi-Oh! La Catena dell'Inesistenza

[AVVENTURA][COMICO][SERIO][VM 13]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Xivren
        Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    1,278
    Reputation
    +263
    Location
    Arctic World

    Status
    Anonymous
    Buonasera cari lettori!
    Rieccoci al nostro consueto appuntamento domenicale. Come ricorderete nello scorso capitolo abbiamo assistito alla ribalta del Dottor Gren che, dopo aver finalmente ottenuto Louis, è riuscito a sviluppare una temporanea cura per il suo corpo: in questo modo è sceso in campo contro Gaap in un duello. Entrambi gli scienziati mirano a Rayshin ed Esteban, ma quanto Gaap credeva di averli sotto controllo i due vengono presi da Delver ed Emas.
    Con il capitolo di oggi raggiungiamo l'inizio del "climax" di questa saga, che troverà il suo apice nei prossimi due o tre. Detto questo, spero che la prospettiva di sentire ancora le mie boriose frasi per almeno altri tre capitoli non vi abbia fatto fuggire, e vi auguro buona lettura.


    CAPITOLO 56 – SHOWDOWN

    Mercoledì 15 Novembre - Ore 21:40 - New York, Other

    «Emas, guarda: non sono forse adorabili assieme? Sembrano rispettivamente la versione ridotta ed ingrandita dell'altro!» commentò ironicamente Delver mentre, sollevando il braccio destro verso l'esterno e tirando i fili, appoggiò delicatamente i due fratelli a terra. Con l'altra mano invece stava allegramente mangiando un cono di zucchero filato.
    Emas, a sua volta abbassando il dolciume, si avvicinò per osservarli meglio, e annuì: «In effetti scorgo una certa somiglianza. Sembrano gemelli, seppur con una piccola differenza di età tra l'uno dall'altro...». Si grattò il mento, mentre i fili di Delver sparivano nella manica di questi, per poi aggiungere: «Eppure il loro sguardo è completamente diverso, come la loro espressione: il piccolo sembra bramoso ucciderci tra indicibili sofferenze... Quanta tristezza in occhi così rabbiosi».
    Quasi a prova di quell'osservazione Esteban sbottò: «L'Ordine! Voi avete rapito mio fratello... sottoponendolo a chissà quali torture... Ma non vi lascerò fare lo stesso con me!» e balzò all'attacco, portando le unghie nere, trasformate in lame affilatissime, verso la gola di Delver.
    «Esteban, fermati! Non sono ancora nostri nemici!» gridò Rayshin, cercando di fermare l'attacco del fratello. Era conscio che Delver non li aveva certo salvati per simpatia, ma era almeno un individuo di sua conoscenza e che sapeva essere stato incaricato da Icero di proteggerli: sicuramente l'ultima cosa che l'uomo voleva era mettersi contro gli ordini di un superiore così folle. Sfortunatamente però prima di lui arrivarono lo sbuffo del Dadoducco ed il sibilo prodotto da una decina di fili ad occuparsi di Esteban: il braccio destro del bambino venne bloccato in una morsa a spirale e fatto a fette quando i fili si strinsero verso l'interno.
    Esteban gridò dal dolore, mentre si ritraeva stringendosi la spalla sanguinante, finendo così contro il petto di Rayshin. «Niente di personale Rayshin, ma come ha detto Emas qualcosa doveva finire a pezzi... e sfortunatamente il braccio di tuo fratello passava di lì. Spero che tu adesso non te la sia presa!» spiegò con un'alzata di spalle Delver, per poi guardare sorridente i due.
    Rayshin, dal canto suo, sapeva fin troppo bene che non era il caso di mettersi a discutere contro Delver in quelle condizioni, per cui decise di sorvolare almeno per il momento su quanto era successo. Ma dentro di sé sapeva di non poter accettare che qualcuno facesse del male a suo fratello, né di poterlo perdonare: quando si trattava di Esteban si tratta di occhio per occhio, dente per dente, braccio per braccio. «No, Delver, non me la sono presa. Piuttosto...», ed indicò le gambe dei due Dadoducchi, «... che cosa vi è successo? Siete coperti da piaghe e vesciche quasi vi foste bagnati nell'acido!».
    «Ah, queste? Cicatrici di guerra causate da un Ibrido, una lunga storia... Adesso è più importante muoverci, ed in fretta anche: quei due non ci impiegheranno molto a trovarci, e... » iniziò a spiegare Delver, ma Esteban si staccò con uno strattone della presa di Rayshin e gli andò contro.
    «Noi non andiamo da nessuna parte con voi! Terroristi schifosi del vostro calibro non dovrebbero neppure permettersi di guardare me e mio fratello maggiore, ancor meno disporre a piacimento di noi!» dichiarò Esteban, mentre dalla spalla menomata fuoriuscì una spessa nebbia nera. Questa, consumando sé stessa in grossi rigonfiamenti, come dotata di vita propria assunse la forma evanescente di un braccio, ed al suo interno apparvero tante piccole luci rossastre. Esteban sollevò quindi il nuovo braccio e da esso si staccarono diverse appendici dalla forma lunga e sottile, seghettate nella loro lunghezza e terminanti a punta.
    Le appendici si lanciarono verso Delver che, infilandosi in bocca l'ultimo boccone di zucchero filato, tirò all'indietro il braccio destro, ed una serie di fili si frapposero orizzontalmente tra lui e le appendici: quando queste toccarono i fili vennero tagliate all'istante, separandosi in due parti distinte. Delver sghignazzò divertito: «Bimbo, ci vuole ben altro per impensierirmi, e soprattutto...», ma si fermò non appena vide le appendici di nebbia riformarsi anche dopo essere state tagliate dai suoi fili. “Impossibile! I miei fili distruggono ogni cosa con cui entrano a contatto, e se vivente oltre qualsiasi capacità di rigenerazione!” osservò Delver mordendosi il labbro inferiore, ma quando lo rilasciò vide, al posto delle appendici, lo stesso Esteban, spinto verso di lui e con il braccio destro perfettamente sano dietro la schiena. E soprattutto, nessuna appendice nera ed i fili integri dietro il bambino, come se questo non li avesse neppure toccati.
    E' già capace di alterare la realtà! Questo complica le cose!” dedusse il Dadoducco giusto in tempo per bloccare il pugno del bambino con il suo avambraccio sinistro: l'impatto risuonò per tutto il viale, e l'asfalto sotto di loro si incrinò per un paio di metri di circonferenza.
    «Tu... Ti sei già unito con i due Demiurghi, non è vero? Ecco perché non ti svolazzano attorno come quelli di Rayshin!» commentò Delver grave, il suo sguardo sulla stessa linea di quello del suo avversario.
    Esteban gli sorrise e, scendendo a terra, gli rispose: «In buona parte è così, ma ci sono ben altre particolarità... che il bastardo che mi ha fatto passare per suo complice non merita di sapere!», ruotando poi di colpo su sé stesso e sollevando la gamba per un calcio al collo dell'uomo.
    «ESTEBAN!» gridò allora Rayshin a pieni polmoni, facendo così fermare la pianta del piede del fratello ad un centimetro dai fili del Dadoducco. «Cosa speri di ottenere con un comportamento tanto sciocco? Non sono loro i nostri avversari, non ancora almeno. E tu, piuttosto che sforzarti di fuggire da questa dannata città e dagli Ibridi, preferisci sprecare energie in un combattimento inutile!? Stupido!» aggiunse, facendo un passo in avanti.
    Era d'accordo con Delver: Lyedar ed Ofelia li avrebbero trovati di lì a poco, per cui era meglio muoversi il più in fretta possibile. Non era esattamente sicuro di quanto avrebbero dovuto allontanarsi per uscire dal loro raggio d'azione, ma di certo il primo passo era quello di uscire da New York.
    Esteban allora abbassò lo sguardo, cupo in viso. «Hai ragione fratellone, scusami...» mormorò tornando indietro, senza degnare più di uno sguardo Delver. Si fermò però davanti ad Emas e, guardandolo di traverso, gli domandò: «Pensavo che i membri dell'Ordine di Yeni Aci fossero legati tra di loro, ma invece non sei intervenuto a difendere il tuo compagno: perché?».
    Emas abbassò il suo cono di zucchero filato e rispose, stringendosi le spalle come se la domanda non lo riguardasse: «Uhm, al momento non hai ancora la forza per essere neppure una situazione da far impensierire Delver, per cui ho ritenuto che il mio intervento fosse inutile: lui era più che qualificato a gestirti... Tutto qui», e poi tornò a mangiare.
    Il bambino annuì, quasi si aspettasse una risposta del genere, e tornò dal fratello maggiore senza più dire nulla.
    «Magnifico Rayshin, sembri proprio portato per far ragionare le teste calde che non sanno qual è il loro posto!» commentò Delver allegro, scoccando un'occhiataccia ad Esteban. A rispondergli però non fu il bambino ma Emas, quasi lasciando trapelare ironia dalla voce: «Chissà se questa capacità funziona anche con te, Delver... Ma ne dubito».
    «Non ho tempo per rispondere alle osservazioni di un idiota, per cui propongo di ritirarci il più in fretta possibile: abbiamo trovato Esteban, come voleva il Sommo Ierofante, quindi nonostante gli inconvenienti la missione è riuscita!» sentenziò allegramente Delver, voltando la faccia dall'altra parte ad Emas con sdegno. Nonostante ciò un guizzo nell'aria, ed uno dei fili dell'uomo tagliò in due il cono di zucchero filato di Emas, con grande dispiacere di quest'ultimo.
    In quel momento però Rayshin si sentì il dovere di intervenire: «Ma Delver, dobbiamo andare a recuperare Irene! L'hai dimenticata da quei due scienziati...», ed il ragazzo deglutì al dover pronunciare quelle parole, «... ed io non sono riuscito a fare nulla per aiutarla o proteggerla. Neppure con questi nuovi poteri...».
    A quell'osservazione si fece avanti Emas che, schioccando le dita, tramutò il resto del cono di zucchero filato che aveva in mano in un globo di luce dorata: «Hai ragione Rayshin: Delver ha dimenticato di recuperare la ragazza con voi...» - Delver allora esclamò indispettendosi: «Ehy! Tu non hai fatto nulla in proposito!» - «... ma penso che tu possa tranquillizzare il tuo cuore in pena semplicemente guardando alle mie spalle».
    Rayshin dunque seguì il consiglio dell'uomo e, sollevando il capo, vide una scena che gli fece dubitare di aver percepito correttamente la realtà negli ultimi minuti: Irene appoggiata di schiena ad un lampione ad un centinaio di metri di distanza, intenta a dare ordini ad un ologramma che le compariva sul palmo della mano destra. L'ologramma in questione rappresentava lo stemma dell'Ordine di Yeni Aci, ed apparentemente fuoriusciva da uno schermo bianco di metallo: solo una piccola parte di Rayshin allora si accorse di come a quella distanza riuscisse, con un occhio solo, a distinguere così bene i dettagli.
    Quasi avvertendo lo sguardo del ragazzo Irene sollevò la testa e, interrompendo l'ologramma e mettendo lo schermo in una tasca sul petto della divisa, con un paio di balzi arrivò subito nel gruppo. Porgendo le dovute riverenze a Delver ed Emas prese subito la parola: «Signorino Rayshin, sono estremamente dispiaciuta di non averla aiutata come dovevo, data la distanza e la forza limitata della mia Mimesi Artificiale... Ma allo stesso tempo ho dovuto radunare quanti più nostri compagni possibili: spero Lei possa perdonarmi...».
    Rayshin non seppe cosa risponderle dopo quella spiegazione che, invece di aiutarlo, lo confuse ancora di più. Sollevando perplesso un sopracciglio cercò di afferrare il senso di quanto appena sentito: «La tua... Mi... Mimesi Artificiale? Non capisco a cosa tu ti riferisca, Irene...».
    «Oh, non è niente di particolarmente eccezionale, Signorino. Il Sommo Ierofante ha creato per ognuno di noi una serie di esseri artificiali e, dopo aver dato loro la vita, riproducendo in essi i nostri ricordi e parte dei nostri poteri, ci ha permesso di utilizzarli liberamente: poiché le loro doti ed il loro intelletto sono molto limitati, non possono che svolgere ruoli semplici su nostra indicazione. In particolare il modello che ho usato oggi aveva sì maggiori capacità linguistiche, ma in compenso mancava di capacità combattive... cosa che ho giustamente fatto notare, ma il Sommo Elsmay ha insistito sull'usarlo per recuperare Lei e suo fratello: spero mi capirà, Signorino, se le dico che non ho potuto rifiutarmi...» illustrò la giovane, incrociando sbuffando le braccia al petto come se i problemi della sua Mimesi la danneggiassero personalmente.
    Difficilmente Rayshin riuscì a trattenere il disgusto che tale rivelazione gli aveva portato dallo stomaco alla gola, senza soffermarsi su Elsmay che aveva tentato inutilmente di lasciarlo al suo destino. Il fatto che Icero, quell'Icero che lui sfortunatamente conosceva, fosse giunto a poter creare dal nulla un simulacro di vita umana, praticamente indistinguibile da una persona normale, gli fece correre i brividi lungo la schiena. Al confronto la natura degli Ibridi non gli pareva più così innaturale come pensava fino a poco fa.
    Allo stesso tempo non sapeva se poteva permettersi tali considerazioni: dato il suo aspetto e ciò che esso comportava, forse non ne era il caso. “Infondo neppure io sono tanto diverso... Non sono umano, ma un qualcosa di mostruoso... Se solo sapessi cosa!” osservò, abbassando lo sguardo ed annuendo automaticamente a quella spiegazione.
    «Rayshin! Adesso che Irene l'ha nominato, mi farai incontrare nuovamente Diell? Voglio che lui mi spieghi subito cos'è questa storia della sua somiglianza al vecchio Ministro Icero!» esclamò subito Esteban, afferrando con baldanza il braccio del fratello maggiore.
    «Ehm... Ma certo, piccolo Esteban! Se verrai con noi ti porteremo dal tuo amico Diell! Per cui, se mi fai la cortesia di seguirci, dato che non abbiamo più tempo...» intervenne Delver, sfruttando il momento di distrazione del bambino per fare cenno a Rayshin, Emas ed Irene di tacere. Quando poi il bambino spostò lo sguardo su di lui aggiunse in fretta: «Infondo è anche da lui che il tuo fratellone si sta dirigendo: non vorrai abbandonarlo, spero!».
    In effetti Delver aveva colto nel segno la psiche infantile di Esteban, notò Rayshin. Sfruttando il legame che lo univa al fratello maggiore e quello, seppur di minore importanza ma non per questo inesistente, che lo univa al falso Icero, il Dadoducco lo aveva posto in una stretta dalla quale non aveva motivo di liberarsi. Per cui non si sorprese quando udì la pronta risposta del fratello, che letteralmente saltava dalla gioia: «Urrà! Così giocheremo nuovamente assieme, e ci sarà anche Rayshin!».
    «Ottimo. Dunque, se Irene ha chiamato a raccolta tutti i nostri compagni sparsi in questa città, possiamo anche andarcene... Tutto sommato, è stata una gita interessante» commentò Emas, voltandosi e cominciando ad allontanarsi.
    Rayshin annuì, appoggiando una mano sulla spalla del fratellino e cominciando ad avviarsi anch'egli, quando un pensiero gli attraversò la testa. “Tutti i nostri compagni... Tutti...”: le parole di Emas gli risuonarono nella mente per qualche istante prima di esclamare: «Un momento! Non possiamo ancora andarcene!».
    I tre membri dell'Ordine di Yeni Aci si voltarono di scatto verso di lui, guardandolo con un'espressione confusa in viso, ed anche Esteban sollevò un sopracciglio. Il ragazzo deglutì, e spiegò: «Non possiamo andarcene, perché non tutti i vostri compagni saranno presenti... Purtroppo Louis è caduto prigioniero del Dottor Gren. Mentre questi stava affrontando me, mio fratello e lo scienziato dell'Impero un Ibrido è arrivato con Louis completamente immobilizzato ed inerme... Non ho potuto fare nulla».
    Rayshin non sapeva cosa esattamente lo avesse spinto a soffermarsi su tale problema. Di certo non era la volontà di proteggere un compagno, non sentendosi lui parte dell'Ordine di Yeni Aci, eppure non poteva semplicemente lasciare l'altro al suo destino. Forse perché non voleva che un individuo inquietante come il Dottor Gren potesse mettere le mani su un membro dell'Ordine, pregiudicando così la sicurezza sua e di Esteban; allo stesso tempo però non poteva dimenticare che, nonostante l'astio che inizialmente li aveva legati, Louis aveva assunto l'incarico di proteggerlo mettendo a repentaglio la sua stessa vita. Da quando era arrivato a Kalesi, Rayshin era stato trattato, da Delver, come uno spettacolo da circo; da Eve, con sottomissione e paura dei propri superiori; da Zyan, con insofferenza data l'abitudine di quest'ultimo a perdersi nei propri pensieri. Louis invece era stato l'unico a parlargli senza peli sulla lingua ed a considerarlo come una presenza, seppur fastidiosa, ma effettiva. In un certo punto di vista, forse poteva anche crederlo una specie di amico.
    A quella rivelazione Delver si scurì in viso, apparentemente smettendo di respirare dato che il suo torace non si mosse più dopo l'ultima inspirazione. Emas ed Irene invece si scambiarono un'occhiata che lasciava trasparire molta preoccupazione, prima che la giovane donna commentasse: «Non è possibile, prima l'ho chiamato... A meno che qualcuno non abbia risposto al posto suo, ma nessuno può camuffare la propria voce in un collegamento del genere...».
    Una voce maschile, proveniente dalla strada dietro di loro, li richiamò dai loro pensieri: «Rayshin ed Esteban, vi prego di allontanarvi da quelle persone e di seguici: non costringeteci ad usare le maniere forti!».
    I due fratelli si voltarono, Emas ed Irene invece semplicemente sollevarono lo sguardo: adesso davanti al gruppo, dall'altra parte della strada principale, c'erano Lyedar ed Ofelia, in piedi sopra un enorme semaforo che, ad alcuni metri da terra, collegava i due marciapiedi laterali. Sotto di loro vi era un enorme schieramento di persone, di ogni età, che era arrivato incredibilmente senza compiere alcun rumore di sorta. Rayshin non poté determinare il numero esatto di quell'unità, che di certo superava almeno i duecento elementi, ma capì subito cosa aveva davanti: un esercito in miniatura di Ibridi. Alcuni di loro reggevano già in mano armi in Kesin sintetico, tra cui alabarde, spade a due mani e lance puntate verso i quattro fuggiaschi. Dagli sguardi di quegli esseri era chiaro che non solo li stavano guardando con aria di sufficienza, ma che li avevano avvertiti di proposito della loro presenza, come se non avessero neppure bisogno di coglierli impreparati per vincerli.
    «Questo è un inconveniente non da poco... Che tristezza, la gita è rovinata» commentò Emas, passandosi pigramente le dita della mano destra nel ciuffo di capelli che gli copriva metà del viso. «Ibridi del Dottor Gren, ritengo convenga a tutti noi cessare le ostilità immediatamente, prima che la situazione degeneri... Infondo penso rientri nel vostro interesse sopravvivere a questa nottata, giusto?» dichiarò poi, alzando la voce in modo tale che tutti i presenti potessero sentirlo chiaramente.
    Per tutta risposta dallo squadrone di Ibridi si levarono risate e sogghigni divertiti, mentre Lyedar con un sorrisetto ironico commentò: «Vediamo un po'... Uno, due e tre... Tre membri dell'Ordine di Yeni Aci. Sotto di me, duecentonove Ibridi di Grado XX e XXX. Se la matematica, come si dice, non è un'opinione, direi che siamo in netta superiorità numerica... E con l'eccezione dell'ex cameriera di Rayshin, gli altri due dell'Ordine sono feriti in misura più o meno grave, mentre noi siamo in forma smagliante». Allungò poi la mano, indicando con l'indice i due fratelli: «Cessare le ostilità? Assolutamente no. Consegnarci Rayshin ed Esteban senza far loro del male e poi permetterci di prendervi a calci? Assolutamente s...».
    Lyedar non poté finire la parola poiché vide il proprio braccio cadere a terra, immediatamente seguito dalla la prima fila di Ibridi: una cinquantina di persone, prima che potessero rendersene conto, si ritrovarono fatte a pezzi in una pozza di sangue scuro, quasi analogo al colore dell'asfalto.
    Dalla bocca di Lyedar fuoriuscì una bestemmia di proporzioni vergognose mentre, sotto di lui ed Ofelia, i resti in quella pozza di carne, vestiti ed armi in Kesin si muovevano e si dimenavano su sé stessi: ci vollero pochi secondi perché la fuoriuscita di sangue si arrestasse completamente, ma per qualche ragione né il braccio di Lyedar né gli altri Ibridi riuscirono a rigenerarsi da quelle ferite. In particolare i pezzi dei corpi a terra tentarono di ricongiungersi o di ricostituire le proprie cellule, ma non riuscirono assolutamente a tornare al loro stato originario.
    «Lyedar!» gridò terrorizzata Ofelia, afferrando di colpo il proprio amato e tirandolo via giusto in tempo prima che il palo sotto i loro piedi ed i grattacieli dietro esplodessero, crollandolo divisi a sezioni di uguale larghezza e lunghezza . Similmente gli Ibridi sotto di loro evitarono il raggio d'azione del crollo, proteggendo però i propri compagni feriti a terra, ed evitando che così le macerie li schiacciassero.
    Davanti a quella scena orribile, Rayshin voltò lentamente la testa verso destra, mentre sudori freddi gli scorrevano lungo la schiena. Vide al proprio fianco Delver, senza il suo consueto ghigno divertito in viso, con uno sguardo che lo terrorizzò come mai prima d'ora: aveva sempre visto quell'uomo come nient'altro che un buontempone, del quale bisognava meravigliarsi che avesse anche solo un sottile legame con persone più serie, come Elsmay o Emas, in un'organizzazione terroristica.
    Al contrario la freddezza, la furia ed il disgusto che adesso coprivano il volto del Dadoducco in un equilibrio inquietante erano sensazioni che mai si sarebbe aspettato di vedere.
    «Merda! Perché diavolo non posso rigenerarmi il braccio!?» gridò Lyedar appoggiando i piedi, assieme ad Ofelia, su un balconcino del grattacielo alla sua sinistra. I resti della manica oscillavano lievemente al vento notturno facendo cadere macchie rosse di sotto, per quanto avessero smesso di bagnarsi terminata la fuoriuscita di sangue.
    Ofelia, dal canto suo, era tutta intenta a pulire la ferita con un fazzoletto, incurante di sporcarsi i guanti od il vestito: i suoi movimenti rivelavano però una certa inesperienza nel somministrare cure del genere, come se mai in vita sua si fosse posta il problema di come comportarsi davanti ad un'amputazione in battaglia.
    «E' vero, voi Ibridi non potete essere uccisi in nessuno scontro fisico: allo stesso tempo però il non-morire non si traduce in invincibilità. Questa ne è una dimostrazione. D'ora in avanti, per quanto voi tentiate di sanare le vostre ferite mossi dalla disperazione, per quanto pateticamente cerchiate di strisciare via da me come infanti davanti all'uomo nero, farò a pezzi i vostri corpi fino all'ultimo atomo: voi siete materia esistente, dunque posso distruggervi. E siate certi che lo farò!» dichiarò Delver, superando Rayshin ed il resto del gruppo. Al suo passaggio tutti si fecero istintivamente di parte: anche non vedendole potevano percepire chiaramente le centinaia di fili invisibili che in quel momento avvolgevano, in anelli in costante rotazione, il suo corpo. Persino Esteban inarcò il labbro superiore, cercando di nascondere la paura che in quel momento Delver emanava.
    L'unico a non sembrare particolarmente scosso era Emas, che infatti prese la parola affiancando il compagno: «Delver, calmati. Posso comprendere la tua agitazione per Louis, ma non pensare di poterlo salvare facendo a pezzi il mondo intero. E so che saresti anche in grado di farlo, adesso che sei mosso unicamente dalla rabbia».
    Delver si voltò verso il secondo Dadoducco, fissandolo dritto negli occhi, o meglio nell'unico occhio scoperto. Solo allora Rayshin si accorse di come, nonostante l'indole generalmente passiva che Emas aveva sempre dimostrato, la voce e lo sguardo che questi stava sfoggiando erano di un'autorevolezza e di una profondità tali da essere veri e propri ordini. Non si trattava più di quella situazione di bisticcio infantile cui aveva sempre assistito: era un confronto tra pari, tra compagni, uniti in una causa superiore che semplici litigi.
    «Mi farò dire dove hanno portato Louis, a costo di dover ricucire le loro bocche e le loro corde vocali dopo che li avrò distrutti. Non permetterò le perdita di un altro dei miei sottoposti, Emas. Anche tu lo capisci, vero? Allora perché mi ostacoli?» gli rispose Delver, impassibile nella sua risolutezza.
    «Capisco quanto provi, ma ti ripeto che affrontarli adesso è illogico, specie se nei paraggi c'è ancora quell'Ibrido della Morte. Non possiamo permetterci di affrontarlo nuovamente, adesso che dobbiamo occuparci dei due fratelli: sarebbe un suicidio, ed io non ti permetterò di andare incontro alla morte solo perché non vuoi ragionare» ribatté Emas, indicando nel mentre Rayshin ed Esteban. Come l'altro Dadoducco, nessuna fibra del suo corpo e della sua mente sembrava intenzionata a cedere.
    A risolvere quello scontro tra due forze inamovibili ci pensò Lyedar, gridando ai suoi compagni Ibridi: «Al diavolo le loro cazzate! A tutti voi, la missione adesso è eliminare fisicamente ogni membro dell'Ordine! Liberazione del Primo Sigillo: Sigillo di Voynich!».
    Quanto avvenne negli istanti successivi fu di una forza tale da costringere Rayshin a coprirsi il viso: vide un'esplosione di fiamme innescarsi dove fino a pochi istanti prima aveva visto Lyedar, e subito dopo un'analoga onda di tenebre improvvise avvolgere Ofelia. Sotto di loro una forza simile scaturì dagli Ibridi che, rilasciando l'energia accumulata nel loro corpo, riversarono all'esterno il loro potere. Il rilascio avvenne in quantità talmente massicce da causare uno spostamento d'aria che polverizzare i primi tre piani dei palazzi lì attorno, e lanciò in aria automobili e mezzi di ogni sorta lì attorno nel raggio di chilometri.
    Emas e Delver non si scomposero davanti a quella scena, mentre Irene prontamente si posizionò alle spalle di Rayshin ed Esteban afferrandoli per il collo. Nei successivi secondi, nei quali l'onda d'urto li travolse, i due avvertirono una tempesta di migliaia di lame travolgere i loro corpi da ogni direzione. Senza il supporto di Irene, che invece non sembrava avere alcun problema di sorta, Rayshin sapeva che né lui né il fratello erano nelle condizioni fisiche per poter resistere senza essere lanciati a chilometri di distanza.
    Così come tale esplosione si era innescata all'improvviso, allo stesso modo terminò per gli Ibridi del gruppo, ognuno dei quali aveva subito una mutazione più o meno profonda nell'aspetto esteriore. Per Lyedar ed Ofelia invece le cose si svolsero diversamente. Una colonna di fuoco, che dalle profondità indefinite della terra si alzava fino al cielo, avvolgeva il ragazzo rendendolo un'indefinita sagoma scura; un manto di oscurità che, con vortici simili a tentacoli, si allungava nella strada sottostante, aveva nel suo centro quanto si poteva vedere dei riflessi argentei del vestito della ragazza.
    La colonna di fuoco, poi, implose su sé stessa, generando lo stesso effetto che Rayshin aveva sempre visto sui libri di scienze nelle supernove universali, e Lyedar scese a terra. Aveva perso la lunga giacca, ed adesso i suoi vestiti erano coperti dalle placche rosse di un'armatura che, in particolare, proteggeva il petto con una grosso triangolo dorato con un vertice rivolto verso il basso. Dalle spalle si allungavano due pezzi affusolati di metallo rosso che, decorato da strisce intrecciate nere e con i margini rivestiti da uno strato dorato, scendevano fin oltre i gomiti. Simili pezzi inoltre gli proteggevano i fianchi, estendendosi fino alle ginocchia. Inoltre era riuscito a risolvere il problema del braccio perduto, sfoggiando adesso una protesi in metallo costituita dall'intreccio, piuttosto confusionario, di anelli metallici di varia circonferenza, alcuni dei quali poco più larghi degli altri ed in costante rotazione. La testa era coperta da un grosso elmo, sempre rossastro, che si allungava all'indietro per qualche decina di centimetri, sormontato da un arco dorato ed allungato ai lati in due corni rivolti in avanti. Sotto tale elmo il suo viso non aveva subito nessuna mutazione drastica, se non per il fatto che le parti metalliche si erano estese sulla pelle fin quasi al suo occhio sinistro, che adesso assieme all'altro era diventato dorato.
    Pochi istanti dopo anche i tentacoli di oscurità si raccolsero uno sopra l'altro, formando un corpo solido informe che, diminuendo sempre di più la propria massa, terminò con assumere le sembianze di Ofelia. La ragazza aveva raggiunto la forma che Rayshin ricordava di aver visto tempo fa alla Villa dei suoi genitori, seppur in quel momento presentasse alcune differenze. Per cominciare le ali da pipistrello dell'Ibrida si erano già alzate, e sulle membrane in pelle erano presenti decine di occhi dall'iride viola in costante movimento. I suoi capelli, inoltre, drizzandosi in ciocche sparse verso l'alto, erano rimasti argentati, e non neri come l'altra volta, e rivelavano due paia di corna ossee giallastre rivolte verso l'alto. Poi non più soltanto gli occhi, ma anche gli avambracci erano avvolti in quelle strisce continue di tenebre nerastre. Infine, come per Lyedar e per gli altri Ibridi dietro di lei, i suoi vestiti queste volta non avevano subito danni dall'evoluzione, ed anzi brillavano di una luce maligna lungo i bordi della gonna e delle maniche.
    «Signori e signore, facciamogli il culo!» dichiarò Lyedar con un sorriso, e dalle placche metalliche sulla schiena si sollevarono due protuberanze che, drizzandosi orizzontalmente, dispiegarono una serie di lamine verticali affilate di color nero, assumendo così la forma di ali. Nello stesso momento le linee nere che si intrecciavano sulle placche alle spalle e ai fianchi vennero illuminate da strisce di fiamme dorate.
    Seppur non avesse visto nessuno degli Ibridi lì presenti in azione, eccetto vagamente Ofelia, Rayshin non ebbe problemi ad comprendere l'innata pericolosità di coloro che aveva di fronte. Avvertì la stessa paura che aveva provato quella volta che Icero lo aveva rinchiuso in quella strana dimensione, ed aveva dovuto scontrarsi fisicamente con vari Mostri finendo quasi ucciso. Quelle manifestazioni orribili, dagli Arcidemoni a Costellazione Ptolemy M7, mancavano tuttavia di un dettaglio che invece Lyedar ed i suoi avevano, nonostante il loro aspetto: l'umanità. Quello stridore innaturale tra mostruosità e normalità rilasciava ondate di disgusto incommensurabili, e sapeva che questa volta non ci sarebbe stato Zhakia a salvarlo. E come se ciò non bastasse, doveva assolutamente proteggere Esteban.
    «Dalla padella alla brace...» gli fece eco Emas, scuotendo il capo. Rayshin gli rivolse uno sguardo disperato: se anche il Dadoducco dell'Ordine aveva perso la sicurezza ostentata fino a pochi istanti prima, allora la situazione per loro era gravissima. «... questa è la situazione di voialtri!» aggiunse immediatamente, drizzando il capo. In quello stesso momento, Rayshin vide arrivare da tutte le strade della metropoli membri dell'Ordine di Yeni Aci e prendere posizione con Irene.
    Maestri, Compagni ed Apprendisti: ognuno indicato dalle differenti fasce colorate sulla manica destra, dalla quale fuoriusciva la consueta lama in quell'enigmatico metallo bronzeo. Un centinaio di persone li aveva raggiunti in pochi secondi, per dar loro manforte contro gli Ibridi. Rayshin sorrise, involontariamente, alla vista del forte legame che quelle persone stavano manifestando, unite e pronte alla battaglia imminente con grida e schiamazzi allegri, già consci di cosa fare e come comportarsi senza bisogno di nessun ordine dai loro superiori. Erano sì terroristi, ma sapeva quanto una persona poteva essere importante per un'altra, e di questo doveva dar loro atto. Inoltre avere più persone attorno significava maggiore sicurezza per lui e per il fratellino.
    Esteban, stringendosi con un ghigno soddisfatto al suo petto, domandò: «Fratellone, sono tutti tuoi alleati?». Rayshin rispose annuendo, incurante dell'ingerenza fisica che in quel momento il fratellino gli stava mostrando.
    Facendo un passo avanti, e materializzando otto globi di luce attorno al suo corpo, Emas appoggiò la mano destra sulla spalla di Delver: «Adesso, Delver, possiamo affrontarli. Che gusto ci sarebbe stato, a combattere soltanto noi due senza i nostri compagni?», e sorrise.
    Delver parve inizialmente sorpreso dal comportamento dell'altro, così diverso da quello mostrato i minuti precedenti. Ma, comprendendone le ragioni, non poté fare a meno che esibire un largo sorriso in volto ed annuire compiaciuto. «Sapevo di poter contare su di te, Emas! Adesso andiamo!» esclamò, per poi rivolgersi verso gli Ibridi assieme agli altri membri dell'Ordine.
    Rayshin, ammirando lo scontro tra due gruppi di tale forza, non poté fare a meno che indietreggiare portandosi assieme Esteban, che invece sembrava in fervente attesa della battaglia. Certo, l'Ordine doveva proteggerli, ma si trovavano nell'occhio del ciclone, con venti tremendi da un lato e dall'altro in procinto di risucchiarsi a vicenda e distruggersi. Soltanto una ventina di metri separava i due schieramenti, nel silenzio generale che copriva ormai da diverse ore la metropoli e teneva sotto incanto le persone ancora in stato di ipnosi. Presto, sapeva, di quella calma non sarebbe rimasto più nulla: come due bombe in procinto di esplodere, il ragazzo percepiva chiaramente la tensione delle micce ormai sul punto di sparire.
    E tuttavia tutto tacque. La calma, l'immobilità, il vago: queste sensazioni li inondarono come flussi astratti quando, in lontananza, si udì il rumore di passi. Come se lo stesso tempo si fosse preso una pausa dal suo scorrere inesorabile, gli animi di tutti i presenti persero quella smania di battaglia, in un'atmosfera nuova e così aliena. La percezione della realtà di Rayshin subì un brusco calo, come si fosse perso in uno spazio vasto ed immobile, disturbato soltanto dal rintocco di quei passi lontani. “Cosa... cosa sta succedendo? Questa sensazione... Questa calma assoluta” rifletté il ragazzo, scuotendo il capo per riprendersi. “No, non è pace... E' qualcosa di più profondo, di più vasto... ed enormemente più spaventoso!” capì a mente lucida, osservando che gli Ibridi ed i due Dadoducchi guardavano, immobili, il fondo della strada. Nessuno si muoveva, nessuno sembrava intenzionato a respirare per turbare quella calma orribile.
    «A tutti gli Apprendisti dell'Ordine: tornate immediatamente a Kalesi, e non fermatevi per nessuna ragione al mondo. Per i Compagni e per i Maestri: Evocate immediatamente le vostre creature più potenti e preparatevi a ripiegare di almeno cinquecento metri. Priorità massima è respingere. Non dovete farvi colpire né dovete schivare, altrimenti siete morti» ordinò Delver, la voce tesa fino a quasi a spezzarsi in un grido.
    «Nostro Padre si aspettava che anche loro facessero una mossa, ma questo è assurdo... Siamo senza Fari, Nicolas e con un pugno di Gradi XXX: è come se avessimo perso in partenza» deglutì Lyedar, abbassando automaticamente la falce in Kesin, come se il brandirla potesse renderlo un bersaglio più visibile.
    Rayshin non trovò il coraggio di muoversi, ma Esteban, che invece sembrava essere l'unico dei presenti a non aver subito gli effetti di quell'ambiente, lo trascinò con sé per vedere cosa succedeva. «Accidenti, quello è sempre in ritardo! Ma per una volta la sua presenza ci tornerà utile: fratellone, siamo salvi!» esclamò allegramente Esteban, salutando con la mano il fondo della strada.
    Fu allora che Rayshin lo vide, nonostante i due chilometri circa che li separavano. Da quando avesse memoria nessuno pronunciava il suo nome, tanto che lo stesso diretto interessato ne aveva perso interesse, ma quello era Nizlar, il cosiddetto “Principe dell'Acqua” dell'Impero.
    Con tutta calma, guardando di tanto in tanto l'architettura della strada, il Principe stava camminando verso di loro, stringendo nelle mani due pistole.

    ---



    Elsmay gridò a pieni polmoni, affondando con entrambe le mani la lama del suo stocco verso il petto di Fari, riuscì a sbalzare l'Ibrido indietro di diverse decine metri fino a farlo schiantare contro un grattacielo rossastro.
    Appoggiati i piedi a terra Elsmay allora disegnò rapidamente un asterisco con colpi dall'alto verso il basso: fendenti velocissimi tagliarono il terreno sotto i suoi piedi e si mossero verso l'Ibrido, lasciando una fugace scia bianca dietro. Ogni colpo non solo impattò contro il bersaglio, ma tagliò senza problemi l'intero grattacielo fino alla punta, in modo tale che colpita dal terzo fendente la struttura crollò su sé stessa.
    Elsmay non ebbe tempo di allontanarsi che i tentacoli neri di Fari schizzarono verso di lui, ancor prima che la polvere cominciasse a cadere a terra. Le vene su di essi pulsavano e, per quanto non liquefacessero direttamente il terreno, al loro passare lasciavano un solco profondo circa mezzo metro.
    «Un attacco inutile!» commentò a gran voce Elsmay non appena i tentacoli lo avvolsero, e proprio in quel momento sprofondò nella sua ombra senza rimanere ferito, eccezion fatta per le lunghe fasce della sua divisa che vennero distrutte.
    L'uomo riemerse immediatamente dall'ombra di una trave di ferro al fianco di Fari, che però lo vide ed automaticamente rispose con un colpo verticale della sua ascia in Kesin sintetico. Elsmay parò prontamente il colpo con il piatto della sua lama e, con un movimento di polso, riuscì a rovesciare il braccio dell'avversario facendogli perdere l'equilibrio.
    Elsmay, girando su sé stesso, sollevò dunque il braccio destro: lo stemma dell'Ordine comparve su di esso per qualche secondo, avvolgendolo in un'aura rossastra, e l'uomo lo calò sul viso di Fari. In questo modo, aveva avuto modo di appurare prima, usando l'energia del Dunyakat riusciva a limitare il più possibile i poteri di Morte Assoluta dell'Ibrido. Ciò nonostante però non poteva mantenere ancora a lungo con tale sistema, dato che la mano destra si coprì di tagli al tocco con la pelle dell'Ibrido.
    Fari, dal canto suo, non si fece trovare impreparato. Con il tentacolo superiore destro afferrò un enorme blocco di cemento e, tirandolo a sé, riuscì a rallentare di quei pochi istanti il colpo di Elsmay giusto in tempo per indietreggiare con una capriola al contrario, mentre il blocco veniva distrutto al posto suo. Sollevatosi immediatamente Farì afferrò altri blocchi simili a quello appena usato e li lanciò, facendoli ruotare, contro il membro dell'Ordine.
    Elsmay allora, impossibilitato a schivarli dato il crollo sempre più vicino del palazzo, dovette farli a pezzi usando pugni e calci mentre avanzava, ma Fari sfruttò tale momento per lanciarsi fuori dall'edificio giusto in tempo per non restare sepolto dalla caduta del tetto.
    Mentre i suoi quattro tentacoli gli tornavano lentamente davanti, l'Ibrido vide Elsmay emergere dai resti del grattacielo e, con un balzo, superarlo fino ad atterrare a qualche metro da lui.
    Solo allora l'uomo si permise di riprendere fiato, abbassando la lama verso la gamba. Combattevano già da quasi un'ora e, per quanto Fari non fosse riuscito ad infliggergli alcun danno consistente, sapeva benissimo di non poter reggere in eterno. Nonostante la sua notevole superiorità nella velocità e nella tecnica, la tremenda forza bruta e l'insensata capacità rigenerativa dell'Ibrido facevano sì che neanche l'avversario avesse risentito particolarmente dello scontro.
    Con una differenza fondamentale, però. Fari era un'Ibrido, creato appositamente per combattere in eterno senza problemi, lui invece era un uomo. In quanto tale, e conscio dei suoi limiti, sentiva già la fronte bagnata da alcune gocce di sudore. Oggettivamente, commentò tra sé e sé Elsmay, quello era senza dubbio l'avversario più potente che avesse mai affrontato: la sua forza superava quella di Delver ed Emas messi assieme, dato il suo potere di estinguere qualsiasi cosa entrasse a contatto con il suo corpo. Non poteva avvicinarsi troppo, senza le dovute precauzioni, poiche soltanto la sola vicinanza all'Ibrido avrebbe annientato il suo corpo fino a non lasciarne traccia, a prescindere dalla velocità o dalla forza.
    E peggio ancora, si era accorto, più il tempo passava più il potere dell'Ibrido aumentava d'intensità.
    Sollevando allora lo stocco, e puntandolo contro l'Ibrido, si decise a fare sul serio: se doveva guadagnare tempo per permettere ad Emas e Delver di raggiungere i due fratelli, allora sarebbe andato fino in fondo. Ragionevolmente i suoi due compagni erano alle sue spalle, e con loro doveva anche esserci Irene: doveva proteggerla ad ogni costo, pertanto non avrebbe più permesso a quell'essere di avanzare di un solo passo verso la figlia. “Se anche dovessi distruggere la metropoli davanti a me, non sarebbe stata una grave perdita in confronto ad Irene!” si disse.
    «Notevole, davvero notevole! Te lo riconosco, sei molto più forte tu dei tuoi compagni che ho affrontato poco tempo fa! E proprio per questo motivo, ti considero degno di...» iniziò a commentare l'Araldo dell'Ordine, quando un rumore catturò l'attenzione sua e quella di Fari.
    Una figura, coperta da un'armatura nera dalla testa ai piedi, stava correndo velocemente verso di loro da sinistra, balzando i detriti come se fossero sassolini. Una voce giovane proveniente dietro l'elmo ansimava: «Se non mi sbrigo, il Padron Isroth si arrabbierà con me... Ma come ho fatto a perdere Sua Eccellenza il Principe?».
    Inizialmente incuriosito da quella bizzarra comparsa, al sentire i nomi del Ministro e del Principe, Elsmay gridò automaticamente: «L'Impero!», spostando la sua arma verso il nuovo arrivato. A quanto l'Ordine sapeva, Isroth era stato visto in più occasioni in compagnia di tale cavaliere mascherato: Iolos era il suo nome, se ben ricordava.
    Fari però lo precedette e lanciò i suoi quattro tentacoli verso il cavaliere, scoprendo le loro file di denti bianchi. Si formò così una “bocca” circolare talmente grande da dissolvere ogni cosa nel raggio di metri. Iolos si fermò subito, commentando: «Ma cosa...», poco prima di essere inghiottito dalla bocca senza lasciare traccia.
    I tentacoli tornarono da Fari, separandosi tra di loro, mentre Elsmay fischiò impressionato: “Caspita, un lavoro pulito senza alcun rimasuglio! Ma infondo, un Imperiale in meno fa sempre comodo...”, e detto ciò tornò a concentrarsi sull'Ibrido.
    Fu allora che lo vide. Apparso illeso al fianco dell'Ibrido, il cavaliere sferrò a quest'ultimo un calcio nello stomaco ruotando di 180 gradi, per poi riabbassare la gamba.
    Elsmay si aspettò di vedere, come minimo, il corpo del cavaliere dissolversi in pochi secondi; con sua enorme sorpresa Fari indietreggiò di alcuni passi, portandosi la mano dov'era stato colpito, per poi cadere a terra. La mutazione del suo corpo sparì in un istante, dissolvendosi in una nuvola di polvere nerastra, ed il ragazzo vomitò un'enorme quantità di sangue sul terreno ai suoi piedi, per poi cadere in avanti privo di sensi.
    E da lì, mentre il cavaliere mascherato riprese la sua corsa come se nulla fosse accaduto, l'Ibrido non si mosse più.


    E così finisce il capitolo, cari lettori.
    Il momento tanto atteso (?) è giunto: nei capitoli precedenti abbiamo visto lo scontro, in più occasioni sporadiche, tra Ordine ed Ibride; adesso è il turno dell'Impero. Il Principe dell'Acqua (il cui nome, Nizlar, è tratto dal turco per mare (Deniz) e acqua (Sular)) arrivato sul campo di battaglia, le armi in mano, diretto verso i due gruppi. La lotta violenta, ed incerta, che si prefigurava tra le forze di Lyedar ed Ofelia contro quelle di Delver ed Emas è sfumata quando gli schieramenti si sono resi conto di aver davanti un avversario immensamente più ostico.
    Parlando di avversari ostici Iolos, il cavaliere mascherato servo di Isroth e Dinef, per passare il tempo tra un capitolo e l'altro si è dilettato a stendere con un calcio Fari, contro il quale né Delver né Emas né Elsmay hanno potuto fare nulla. O meglio, Elsmay non ha potuto fare sul serio poiché Iolos lo ha interrotto, ma data l'età avanzata e l'essere mortale lo scontro sarebbe stato decisamente ostico.
    Cosa succederà adesso, dunque? Il Principe è pronto, e dopo tanto tergiversare e perdere tempo ha finalmente deciso di fare le cose sul serio. Per gli Ibridi e per l'Ordine si prospetta la battaglia più difficile di tutta la loro esistenza, ma neppure unendo le forze avranno alte speranze. Eppure, antiche trame che legano il Principe ad Elsmay verranno illuminate, ed un nuovo duello si prospetterà all'orizzonte. Ed in contemporanea, l'Alto Principe Dinef trama anch'egli oscuri propositi sui presenti e su Iolos...

    Devo comunicarmi che, dato l'insorgere di alcuni impegni scolastici, il tempo che avrò per scrivere sarà grossomodo dimezzato, pertanto il capitolo 57 uscirà tra due settimane.
    Fino ad allora, buona serata miei cari lettori.
     
    Top
    .
407 replies since 1/11/2013, 14:37   8588 views
  Share  
.