Yu-Gi-Oh! La Catena dell'Inesistenza

[AVVENTURA][COMICO][SERIO][VM 13]

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    Buonasera gentili lettori, rieccoci qui.
    Allora, come avevo detto in questo capitolo vedremo cosa è successo ad Esteban dopo la sua cattura da parte dell'Ordine. Infatti, nei precedenti capitoli abbiamo soltanto seguito Rayshin, ma non Esteban.
    Oggi vedremo cosa gli è successo.

    AVVERTENZE: a causa dei toni particolarmente dark e cupi del capitolo (quali sangue, disperazione e tendenze suicide) vi consiglio di reggervi un po' forte. Se, per esempio, siete rimasti impressionati da Lasyrindes che sbrana (forse) Talil, fate attenzione a questo capitolo.


    CAPITOLO 25 – L'OMBRA

    Domenica 4 Novembre - Ore 19:01 - Villa Elger, Monte Bianco, Regno Europeo

    L'esplosione generata dall'esplosione della bomba al Kesin di Elsmay, oltre a spazzare via l'intera Villa del Ministro, aveva anche richiamato sul luogo la divisione dei soldati che, prima dell'irruzione di Lasyrindes, si era separa per ispezionare la zona circostante.
    Appena arrivati sul luogo, i soldati trovarono unicamente macerie e resti completamente distrutti, tanto da non poter trovare neppure una sedia intera. Gli uomini si erano subito messi a controllare le macerie, ed una volta accertato che non c'era alcun pericolo, si avvicinarono.
    “Ma che diamine è successo?” esclamò sorpreso uno dei soldati, spostando con un calcio una delle macerie.
    “Oserei dire che la Villa è esplosa, ed a giudicare dalla disposizione delle macerie... Probabilmente l'esplosione è stata interna!” rispose un secondo uomo, recuperando il frammento di macerie calciato dal compagno e squadrandolo. Subito dopo borbottò: “Mi chiedo cosa sia successo al Sommo Lasyrindes ed al Principe Rael...”, gettando poi lontano la pietra.
    Tutti i soldati improvvisamente si voltarono verso quel soldato, silenziosi. Si misero quindi immediatamente tutti a cercare i loro Signori spostando i resti della Villa: la forza fisica di ciascuno di quegli uomini era tale da poter spostare macerie grandi almeno quanto il loro corpo, ed apparentemente non avvertivano neppure troppa fatica.
    Sfortunatamente le loro ricerche cominciavano a rivelarsi inconcludenti, anche perché il cielo cominciava a scurirsi sempre di più, e l'illuminazione non era certamente delle migliori. Ad un certo punto uno dei soldati ritrovò un pezzo della giacca smeraldina di Rael, sporcata di terra e di uno strano liquido nerastro, che altro non era che il sangue del Principe.
    Dopo aver dato la notizia ad i suoi compagni, tutti udirono una delle macerie davanti a loro tremare: era un gigantesco pezzo di muro, che i soldati non avevano neppure toccato e considerato per le sue dimensione esagerate.
    Avvicinandosi prendendo in mani le armi di cui erano dotati, lentamente arrivarono a qualche metro dal frammento quando qualcosa perforò da sotto il centro della pietra: i soldati videro che quel “qualcosa” non era che una mano chiusa a pugno. Subito dopo le crepe generate da tale perforazione si estesero lungo tutto il pezzo, ed una volta completato il processo la maceria crollò in migliaia di frammenti più piccoli. Il polverone generato da quel crollo non impensierì i soldati, benché per qualche momento bloccò la loro vista.
    Quando però il polverone sollevato si diradò quasi completamente, i soldati poterono mettere a fuoco ciò che avevano davanti, ed allora trasalirono: da sotto il pezzo era comparso Rael, vivo e vegeto.
    Il Principe, benché vivo, aveva un aspetto decisamente devastato: il suo vestito era ridotto a pezzi, tanto da lasciare scoperta la parte destra del busto ed il braccio, ed era coperto di polvere con alcune strisce sottili di sangue nero. I capelli erano spettinati, benché avessero ancora un po' della loro forma originale, e coprivano il volto del Principe, mentre tutto il suo corpo tremava.
    “Principe Rael!” esclamò un soldato, avvicinandosi felice nel rivedere il suo signore, ma lo stesso Principe sussurrò lievemente: “Sta... lontano...”, benché non fece nulla per farsi udire di più.
    Udendo quelle parole, alcuni dei soldati gridarono al compagno: “Fermo!”, ma era ormai troppo tardi: il corpo dell'uomo cadde a terra, morto, e solo quando urtò il terreno esso venne martoriato da una serie di tagli profondi e precisi, nonostante il fatto che nessuno dei presenti avesse visto cosa lo aveva attaccato e ridotto in quello stato. Tutto ciò che i soldati udirono fu il flebile sibilo del vento, che si calmò immediatamente quando il corpo dell'uomo cadde a terra.
    Amaramente e spaventato, uno dei soldati rimasti commentò: “Accidenti... A causa dello Shield il Principe Rael è protetto da una serie infinita di microlame capaci di fare a pezzi qualunque cosa si avvicini... Senza distinzione di nemici o amici!”.
    Osservando che Rael strinse violentemente i pugni, quello stesso soldato gridò: “Allontanarsi!”, e prontamente tutti i presenti indietreggiarono di una decina di metri prima che il Principe, sollevando il capo, urlò di rabbia verso il cielo.
    In quello stesso sfogo il campo dello Shield si espanse a vista d'occhio, spazzando e sbriciolando tutto ciò che trovò sul suo passaggio, e se i soldati fossero rimasti dov'erano prima avrebbero fatto la stessa fine. Rael gridò per diversi secondi, tanto da sollevare una tale corrente d'aria che costrinse i soldati a proteggersi il viso con entrambe le braccia ed a sporgersi in avanti per non essere scagliati all'indietro. Ma man mano che il grido di Rael diminuiva il campo del Shield diminuiva sempre di più, come si capiva chiaramente dalla polvere che cadeva pesantemente a terra, e quando sparì del tutto egli si zittì di nuovo. Il risultato di quello sfogo fu un cratere di diversi metri, perfettamente levigato e che aveva cancellato qualunque cosa vi si trovasse pochi istanti prima.
    Inspirando profondamente, Rael si passò una mano tra i capelli, cercando di sistemarseli, ed una volta fatto ciò commentò: “Uff, oggi è proprio una giornataccia! Ho bisogno di una vacanza, ma senza di me quegli incompetenti dei mie fratelli... Ok, ora sono calmo... ora sono calmo...”.
    A quelle parole i soldati, annuendo, si avvicinarono al Principe, chiedendogli: “Principe Rael, come vi sentite?”, benché dal tono della loro voce si capisse chiaramente che erano ancora inquietati per quanto successo poco prima al loro compagno: proprio per questo motivo restarono comunque a distanza di sicurezza.
    Rael si voltò verso di loro, e massaggiandosi le spalle dichiarò: “Mi sento il corpo tutto indolenzito, ma infondo una bomba del genere non può farmi gravi danni! Piuttosto...”, e qui si voltò a destra e sinistra: “Il Sommo Lasyrindes sarà ancora qui? Quell'uomo, Elsmay, non è stato preciso... uhm...”.
    “Lei sa cos'è successo al Sommo Lasyrindes?” chiesero i soldati, che si inchinarono prontamente dinnanzi al loro Principe ora che non correvano alcun pericolo.
    Rael sospirò profondamente, come se fosse esausto, e con calma spiegò: “Per quel che vi riguarda vi basta sapere che il Sommo Lasyrindes è dovuto assentarsi dalla Villa per motivi più importanti! Era così di fretta che non ha specificato il luogo in cui si è diretto... Anche se penso sia tornato direttamente alla Capitale, oppure all'Abazia! Sì, dev'essere andata così!”.
    I soldati si scambiarono uno sguardo sorpreso, ma preferirono non commentare quanto il Principe aveva appena detto loro: non aveva motivo di mentire né di celare loro la verità, per cui quella era indubbiamente la verità, benché avessero pur sempre alcuni dubbi.
    “Principe Rael, ecco...” cominciò a dire uno dei soldati, attirando l'attenzione del Principe che gli rispose: “Sì? Dimmi pure!”. A quel permesso l'uomo continuò: “Poco prima dell'esplosione della Villa abbiamo trovato alcune impronte nella neve piuttosto fresche... Potrebbero essere quelle del Sommo Lasyrindes!”.
    Rael parve piuttosto sorpreso da questa rivelazione, tanto da coglierlo di sprovvista, e commentò: “Uhm, allontanarsi a piedi... Non è proprio nel suo stile, ma immagino non abbia avuto altra scelta... E ditemi, piuttosto che venire qui inutilmente non le avete seguite?”.
    “Non esattamente, Principe Rael! Mentre noi ci dirigevamo qui per scoprire la causa dell'esplosione, abbiamo lasciato alcuni nostri compagni lungo quelle orme, affinché le seguissero: immagino che ora come ora abbiano trovato il Sommo Lasyrindes!” rispose immediatamente uno dei soldati, indicando anche la direzione da cui erano arrivati con il dito.

    ---


    “E questo chi diavolo è?” esclamò confuso uno dei soldati.
    Davanti a lui ed ai suoi cinque compagni, disteso sulla neve fresca, c'era il corpo di una persona: in posizione prona, dalle sue dimensioni era sicuramente un bambino, e respirava a fatica. Il suo cappotto bianco era stato strappato probabilmente da qualcosa, e gli lasciava tutto il busto e la schiena scoperti. Il capo era coperto da capelli talmente neri da creare un fortissimo contrasto con la neve lì presente, ed essi erano mossi dal vento che soffiava a quell'ora. Nessun altro segno di vita proveniva però dal corpo del bambino, che giaceva immobile a terra
    “Uhm... Sicuramente un bambino non viene da solo a queste altitudini, specie a petto scoperto... Mi chiedo se...” commentò sottovoce un soldato, per poi avvicinarsi al corpo del bambino e spostarlo di fianco, in modo tale da poterne vedere il volto. Subito dopo esclamò infatti: “Ma è il figlio minore del Ministro Elger, Esteban!”.
    Mentre Esteban continuava a giacere senza segni vita, se non il lieve respiro, a terra, un terzo soldato prese la parola: “Come può essere arrivato qui? La Villa si trova a diversi chilometri di distanza, è impossibile che in così poco tempo sia arrivato in questo punto, specie se in queste condizioni!”, mentre squadrava dall'alto verso il basso il corpo del bambino, dubbioso.
    “Semmai non è tanto importante sapere come è arrivato qui, ma piuttosto come ha fatto a sfuggire all'esplosione! Sono passati solo pochi istanti...” lo riprese un altro soldato, rivolgendosi a tutti i presenti.
    Detto questo si avvicinò commentando: “Pensiamoci, non è forse...”, ma si bloccò quando il suo piede urtò qualcosa coperto dalla neve lì presente: chinandosi, l'uomo ritrovò la bambola di Esteban, e girandola tra la mano osservò che presentava molteplici piccole schegge attorno ad una più grande. Fissando gli occhi vuoti della bambola ed il suo inquietante sorriso, il soldato la gettò alle spalle commentando schifato: “Robaccia persa da qualche pezzente...”.
    Arrivando davanti al corpo del bambino, mentre i suoi compagni gli si avvicinavano, dichiarò: “E' ancora vivo, per cui dobbiamo recuperarlo e salvarlo! Ci faremo dire quello che sa su cosa è successo alla Villa, e poi non ci servirà più...”, e dette quelle parole allungò il braccio verso Esteban.
    Una volta che sfiorò la schiena del bambino, il soldato avvertì improvvisamente un tremendo gelo, persino più pungente di quello che regnava a quell'altitudine e che fin'ora non gli aveva causato alcun problema. Ansimando come se gli mancasse l'ossigeno, vide il proprio fiato congelarsi nell'aria e in un istante tutto il panorama circostante fu avvolto dal buio, eccetto Esteban. Alzandosi spaventato il soldato si voltò sia a destra che a sinistra, mentre dei bagliori rossastri cominciarono a comparire tra il buio appena sorto: presto l'uomo si accorse che quelli non erano bagliori, ma occhi, tutti rossi, e lo fissavano coperti dall'oscurità regnante.
    Gridando terrorizzato, l'uomo si allontanò di scatto, indietreggiando di qualche metro continuando ad urlare. Immediatamente tutti i suoi compagni si voltarono verso lo strano ed inquietante comportamento dell'uomo, chiedendogli: “Che ti succede!? Cos'hai!?”. Per precauzione tutti si allontanarono di qualche passo dal corpo del bambino, mentre il loro compagno continuava a gridare, con il volto coperto da sudore e gli occhi fuori dalle orbite.
    “Riprenditi!” gli gridò contro uno dei compagni, che lo aveva appena raggiunto e gli aveva sferrato un pugno sulla guancia destra: il colpo però non calmò l'uomo, che invece gridò: “Aiuto... NO! NO! Via, state lontani! NO! AHHH!!!”.
    Spaventando ancora di più i presenti, l'uomo cadde sulle ginocchia a terra, portandosi entrambe le mani alla gola e stringendo sempre più forte. Mentre la saliva cominciava a scendergli lungo la bocca, emise un ultimo verso strozzato e doloroso, come se qualcosa lo avesse colpito a morte. Subito dopo lasciò libera la gola, e le braccia ricaddero in avanti prive di vita, e restò in silenzio, mentre fissava ancora immobile il cielo notturno.
    I restanti soldati non ebbero tempo di fare due passi che, con un rumore sordo, la schiena e la gola dell'uomo si gonfiarono in diversi bubboni, facendo persino a pezzi la divisa che portava. Vomitando una grossa quantità di sangue, dalla bocca dell'uomo fuoriuscì un numero indefinito di creature: tutte dall'aspetto simile a bestie ed in particolare sciacalli, avevano un corpo sottile e longilineo coperto da un pelo viola scuro. Il viso era perennemente crucciato con un sorriso che lasciava libere le zanne, bianche e splendenti, mentre gli occhi erano rossastri. Ciò che era di più curioso in quelle bestie era il curioso fiocco rossastro che portavano al collo, al quale era attaccata una campanella dorata.
    Mentre le bestie continuavano a fuoriuscire senza sosta da ciò che restava del corpo del soldato, tutti i restanti si allontanarono con un balzo dalla loro posizione e presero in mano le armi, dividendosi.
    Appena vennero notati gli sciacalli si voltarono verso di loro, levitando e restando sorpresi in aria. Fissandoli immobili con quei loro occhi rosso sangue, gli sciacalli restarono immobili per alcuni istanti, per poi fiondarsi verso quegli uomini spalancando le zanne, affamati.
    Nonostante la netta minoranza numerica, i soldati non si lasciarono intimorire, ma gridarono contemporaneamente: “Fuoco!”, sparando verso quelle creature. I loro colpi colpirono sì le creature, ma con loro grande orrore vide che semplicemente gli passavano attraverso, come se il loro corpo non fosse solido: il proiettile lasciava semplicemente un buco nel loro corpo, e senza alcun danno o ferita presto veniva rigenerato e richiuso come se niente fosse. Se però i colpi non causavano alcun danno, il rumore generato dalle armi rallentò le creature, che emisero versi e gemiti come se soffrissero a causa di esso.
    Vedendo le creature ferme sul posto che si dimenavano, i soldati fecero cadere le loro armi e, scagliandosi verso gli sciacalli, sguainando le loro spade. I loro fendenti colpirono prontamente il corpo delle creature, aprendolo e decapitandolo, e così fecero per circa una trentina di sciacalli. Voltandosi però verso le creature colpite, videro che anche in quel caso il loro corpo si ricomponeva come se nulla fosse stato.
    Le creature però non restarono immobili, e risposero al contrattacco: una decina di loro attaccò un soldato, strappandogli prima via la spada con le zanne e poi squarciandogli il collo. Mentre le forze abbandonavano sempre di più il suo corpo, il soldato cadde a terra, e per quanto cercasse di strapparsi via le creature gridando venne ben presto schiacciato da esse, che accorsero al seguito dei primi.
    Vedendo quella scena un altro soldato estrasse la seconda pistola che portava lungo la gamba destra, caricandola e cominciando a sparare verso quanti più sciacalli potesse colpire. Ma questa volta le creature schivarono i colpi, rivelando un corpo incredibilmente elastico, e travolsero come un getto il soldato: sollevandolo da terra gli fecero cadere entrambe le armi, e portandolo dietro una roccia lì dietro gli fecero fare la stessa fine del compagno.
    “Bastardi!” esclamò infuriato uno dei soldati, che assieme agli altri quattro sopravvissuti stava cercando di mettersi sulla difensiva, siccome quelle creature non sembravano poter subire alcun danno.
    Fermandosi dov'erano, le creature si voltarono all'unisono verso i quattro sopravvissuti, senza più però sorridere e con la bocca chiusa. Approfittando di quei pochi istanti di silenzio, l'uomo rifletté velocemente: “Queste cose sono emerse quando lui ha toccato il corpo del bambino, allora...!”, ed immediatamente corse verso il corpo di Esteban, afferrandolo e tornando dai suoi tre compagni gridando: “Provate a toccarci e vi assicuro che questo piccolo bastardo farà una brutta fine! E credo che voi non lo vogliate, vero?”.
    Estrasse un pugnale dalla punta ricurva dalla sacca dietro al bacino e lo puntò al cuore del bambino, gridando: “Eh!? Allora!? Non ci attaccate più!?”.
    Ma ben presto rimpianse quelle parole: gli sciacalli avevano tutti spostato il capo verso il corpo di Esteban ed il pugnale che lo minacciava, ringhiando. Drizzando le orecchie, il loro pelo divenne nero come i capelli di Esteban, e gli occhi brillarono di luce propria, come se fossero tizzoni ardenti. Inoltre, dalle loro zampe fuoriuscirono artigli argentei e brillanti, benché la luce di cui brillavano era sinistra e decisamente inquietante.
    Deglutendo spaventato, il soldato fissò prima le creature e poi Esteban, ancora privo di sensi a terra, e senza più ragionare sferrò il colpo fatale al bambino. Tutti i presenti trattennero il respiro, mentre l'uomo pensava: “Ora spariscono! Ora spariscono!”, mentre le creature fissavano immobili il corpo del bambino, ormai privo di vita.
    Ululando, gli sciacalli si scagliarono tutti assieme verso i quattro superstiti, che incapaci di reagire non poterono fare a meno di gridare: pochi istanti dopo nell'aria risuonarono unicamente i rumori di morsi, carne strappata ed ossa spezzate, mentre tutta la zona circostante si tingeva di rosso.
    Finito il pasto, due sciacalli si avvicinarono, sempre sospesi in aria, verso il corpo di Esteban, ora anch'esso macchiato del sangue dei soldati. Scendendo a terra, le loro zampe non lasciavano orme nella neve cremisi, e si misero a leccare sommessamente il volto del bambino, lasciandogli due strisce rossastre e sporche lungo le guance. Nel frattempo, tutti le restanti creature avevano circondato il corpo del bambino, sedendosi a terra e fissandolo immobile.
    Esteban subito non reagì, ma dopo alcuni istanti tremò, come se avvertisse la fredda lingue dei due sciacalli. Stringendo le palpebre, lentamente riprese i sensi, e la prima cosa che avvertì fu il calore ed il bagnato sul quale credeva di essere stato disteso.
    Aprendo lentamente gli occhi vide i due sciacalli, ed in quello stesso istante le due creature, come due cagnolino, gli fecero le feste ed emisero versi di felicità, come se il vedere Esteban di nuovo sveglio li tranquillizzasse.
    Un po' sorpreso dalla reazione di quelle curiose e bizzarre creature, Esteban subito pensò di restare immobile per sempre, tale era la pace che in quel momento regnava in lui. Poi, sollevando lo sguardo, vide la schiera di creature ed il loro pelo rosso di sangue.
    Accigliato, Esteban si alzò di colpo, fissando la zona circostante e fissando quanto era appena capitato.
    “Rayshin!!” si udì nell'aria, subito seguito da centinaia di ululati sofferenti.

    ---


    “Ma che cazzo...” esclamò allibito uno dei soldati dietro a Rael.
    Il gruppo che aveva ritrovato il Principe aveva appena raggiunto il luogo dove i loro compagni si trovavano solo pochi istanti prima, ma quello che gli si presentò davanti fu molto diverso da quanto potessero aspettarsi: tutta la zona era coperta da sangue, ed anche se la neve aveva ripreso a scendere lentamente ma senza interruzione, il rosso si vedeva ancora. Allo stesso modo trovarono i corpi dei loro compagni, o per lo meno quelle parti che non erano state consumate.
    “Uhm... Questa non è una buona cosa... No no!” commentò Rael, avanzando silenziosamente nella macchia rossastra: un sottile venticello spostava la neve sporca di sangue da sotto i suoi piedi lungo i lati, in modo tale che il Principe non si macchiasse gli stivali.
    Osservando da vicino uno dei resti dei soldati, lo squadrò per poi dichiarare: “Eppure questo possono averlo fatto solo loro... E l'Ordine li ha presi entrambi!”. Strappò ed osservò da vicino una costola rimasta integra, annusandola e commentando: “E' recente... Direi di pochi minuti fa... Quindi com'è possibile?”, per poi gettarla con noncuranza a terra.
    Il Principe, mentre i suoi uomini ispezionavano la zona circostante trovando anche i resti dei due restanti soldati, rifletté: “A quanto mi risulta ciò non può che essere stato fatto dai quei due Demiurghi... O almeno, a quanto ricordo ci inflissero già secoli fa tali danni! Accidenti, per queste cose ci vorrebbe Aion, lui è molto più esperto!”.
    A distoglierlo dalle sue riflessioni ci pensò la domanda di uno dei soldati presenti: “Principe Rael, cos'è successo qui? I resti dei nostri compagni sembrano essere stati... mangiati...”, per poi zittirsi.
    Rael non rispose subito, continuando a riflettere con calma: “Allora, ricapitoliamo: quell'Elsmay ha preso entrambi i ragazzi, li ha messi nell'ombra della donna, e poi sono fuggiti... Eppure non credo che se li siano lasciati scappare così facilmente! Dev'essere successo qualcosa durante il viaggio... Oh, il Totem!!”, e subito dopo schioccò le dita, commentando a voce alta: “Ma certo, uno dei due Totem deve aver bloccato il trasferimento! E' chiaro, semplice!”.
    I soldati si scambiarono uno sguardo confuso, per poi chiedere dubbiosi: “Principe Rael... Cosa intendete dire?”.
    “Ascoltatemi: per qualunque ragione, per qualunque cosa succeda, non allontanatevi mai da me! Abbiamo a che fare con creature che potrebbero farvi a pezzi in pochi secondi senza alcuna difficoltà, per cui non azzardate!” ordinò a voce alta Rael diretto ad i suoi sottoposti, voltandosi di scatto verso di loro. Subito dopo aggiunse tra sé e sé: “L'avevo detto io che dovevamo prendere un'intera Unità, e per di più dovevamo prenderne una specializzata in offensiva! Ma ovviamente non è stato possibile... Quei disgraziati!”.
    Tutti i soldati furono sorpresi nell'udire quell'ordine, ma ovviamente non lo misero in discussione ed abbassarono il capo in segno di rispetto e di ubbidienza: sicuramente avrebbero fatto di tutto per non fare la fine dei loro compagni, ed inoltre restarono commossi per l'interesse che un Principe dimostrava verso di loro.
    “Non voglio subire altre perdite inutili... Altrimenti poi dovremo ricorrere a Gaap, ed io solo so quanto odio quell'essere! Comunque sia, non preoccupatevi, non c'è nulla da temere!” dichiarò sorridendo Rael, cercando di rincuorare i suoi soldati da quanto era appena successo.
    Subito dopo sollevò il braccio destro, e rimase in silenzio con gli occhi chiusi: lentamente la neve continuò a spostarsi ed a scenderli attorno, come se il Principe fosse protetto da una cupola invisibile.
    Dopo pochi istanti Rael esclamò a voce alta: “Trovato!”, e detta quella parola sorridendo fece segno ad i soldati di seguirlo, dirigendosi ad ovest.

    ---


    Esteban era immobile, e respirava a malapena.
    Pochi minuti prima si era ritrovato ad essere trasportato lontano dal branco di sciacalli che, sollevandolo da terra senza alcuno sforzo, lo avevano portato via dai resti dei soldati. Camminando come se fosse senza vita, si era allontanato dalle creature, restando da solo nel buio della notte ed al freddo del vento e della neve.
    Ma il piccolo non sembrava darci peso, ed anzi neppure accorgersene, siccome era più impegnato a toccarsi il viso: da quando aveva ripreso i sensi si era accorto che una specie di oggetto, dalla forma circolare, gli copriva l'occhio destro e scendeva lungo la guancia, come se fosse una maschera. Aveva più volte cercato di strapparsela o di togliersela, ma senza risultati.
    Lentamente era arrivato davanti ad un enorme dirupo, del quale non si riusciva a vedere il fondo ed in cui il vento soffiava particolarmente forte, ed Esteban fissava immobile proprio il fondo di un abisso così oscuro.
    “Rayshin se ne è andato... è stato catturato...” commentò il bambino con un filo di voce, mentre una lacrima scorreva dal suo occhi ancora scoperto.
    “Non è più con me... Sono solo... Abbandonato...” aggiunse poi il bambino facendo un passo avanti verso il dirupo e continuando a piangere.
    In quello stesso istante lentamente arrivarono alle sue spalle due sciacalli, senza però che il bambino non ne avesse paura, ma erano diversi rispetto ai precedenti: questi due erano molto più grossi, e la parte bassa del loro corpo compresa la coda svaniva sempre di più fino a diventare invisibile. Inoltre, lungo il corpo presentavano alcuni segni simili a geroglifici attraversata da energia azzura.
    Gli sciacalli presero a compiere acrobazie in arie, ruotando e girando, mentre la scia che lasciavano svaniva pochi secondi dopo senza lasciare traccia.
    “E questi... mostri... Devono finire infondo a questo abisso... Con me...” disse Esteban, compiendo un altro passo verso il vuoto ed il buio. Avendo perso suo fratello ed essendo rimasto così solo, non c'era più nulla che lo trattenesse in quel mondo, e piuttosto che soffrire per sempre la scomparsa di Rayshin preferiva smettere di sentire ogni cosa. Infondo, la vita lo aveva privato della cosa per lui più preziosa, non aveva quindi senso vivere ancora senza il fratello.
    Ma appena pronunciò quelle parole le due creature si bloccarono davanti ad Esteban per qualche secondo. Subito dopo ripreso a volteggiare in aria, formando una “X”: quando si spostarono, dai loro fiocchi scese lentamente una piccola luce verdastra che si fermò davanti al volto del bambino.
    Sollevando stancamente il capo, Esteban fissò la luce, ed essa si rivelò essere ben presto nient'altro che la bambola tanto amata dal bambino, il dono che suo fratello gli aveva fatto quando entrambi erano bambini. Sorridendo tristemente Esteban pianse ancora, sussurrando: “Fratellone... Ora cosa devo fare... Senza di te...”, per poi accarezzare lievemente la bambola.
    Subito dopo però si fermò, ed all'improvviso cominciò a spostare lo sguardo tutto attorno a lui, sussurrando: “Cos'è questa voce... C'è qualcosa... Qualcosa che parla... Che sussurra...”, e di colpo la bambola cambiò improvvisamente colore.
    L'oggetto venne avvolto da una luce rossa molto accesa, che sembrava provenire dalla crepa generata poche ore prime alla Villa: quella stessa luce poi attraversò anche le varie strisce e motivi decorativi della bambola, che prima erano stati di un verde smeraldino.
    Esteban cadde in ginocchio, tenendosi la testa tra le mani e gridando dal dolore. Mentre scuoteva sempre di più il capo, la bambola scese lentamente fino ad appoggiarsi davanti a lui, ed i due sciacalli lentamente si appoggiarono sulle sue spalle, sorridenti e con gli occhi brillanti.
    “No... Non ci ha abbandonati... Siamo noi a doverlo ritrovare...” sussurrò lentamente Esteban, mentre la sua voce diventava più sottile e la luce proveniente dalla bambola si affievoliva sempre di più.
    Lasciandosi la testa, Esteban lentamente si alzò completamente, fissando poi il cielo notturno e la neve che gli cadeva sul volto. Dopo qualche istante scoppiò in una sonora ed acuta risata, che riecheggiò in tutta la zona fino a disperdersi completamente.
    “Sì! Questa volta tocca a noi proteggere Rayshin! Troviamolo! Salviamolo! E poi staremo tutti assieme, felici e contenti come in una meravigliosa fiaba!” esclamò Esteban, sorridente. Si voltò e diede le spalle al burrone, per tornare da dov'era venuto. Mentre avanzava l'occhio scoperto passò dal verde smeraldino che aveva sempre caratterizzato il bambino ad un rosso cremisi, come già successo in passato. Questa volta però, il colore dell'occhio non tornò più come prima, e rimase cremisi, mentre i capelli dietro la nuca di Esteban si allungavano arrivando all'altezza delle scapole, restando mossi e corvini a differenza di quelli lisci e neri del fratello.
    “Ma per salvare Rayshin abbiamo bisogno di più forza... Chi? L'Other? No no, ci hanno mandato addosso quei due Ibridi che per anni ci hanno tenuti ancora più lontani da Rayshin... Alla fine noi siamo comunque Imperiali... Sì, eh eh...” borbottò velocemente Esteban, per poi fermarsi assieme ad i due sciacalli che, fino ad allora, non lo avevano abbandonato. Lentamente il bambino si sollevò in aria senza alcuno sforzo, mentre i due sciacalli compirono diverse acrobazia girandogli attorno.
    Arrivato a qualche metro di altezza Esteban pensò euforico: “Useremo Lasyrindes! Useremo l'Impero per trovare e salvare il nostro amato Rayshin!”, per poi scoppiare in una risata simile alla precedente, accompagnata dagli inquietanti sghignazzamenti delle due creature.
    “Proposito indubbiamente nobile ed affettivo, piccolo! Permettimi di offrirti la mia più completa collaborazione!” commentò sotto di lui una voce, e quando Esteban abbassò il volto vide il Principe Rael al seguito di un gruppo di soldati. Il Principe gli aveva appena rivolto la parola quando Esteban scese velocemente a terra, fissandolo per qualche istante.
    “Accidenti... Come si è ridotto... I due Demiurghi lo stanno corrodendo sempre di più!” rifletté inquieto Rael, osservando come il piccolo si era trasformato in quei pochi minuti.
    Passati quei pochi istanti, Esteban si inchinò davanti al Principe con solennità, dichiarando fieramente: “E' un onore per noi fare la vostra diretta conoscenza, Principe Rael! Immaginiamo di sapere quali motivi vi spingono qui da noi, ma vorremmo averne la certezza...”.
    Rael sorrise sprezzante, ma apprezzando il gesto di rispetto del piccolo nei suoi confronti. Proprio per questo rispose: “Diciamo che l'Imperatore desidera avere un colloquio con te, sempre che non ti dispiaccia seguirmi da lui!”.
    Esteban rise sotto i baffi, per poi dire allegramente: “Prima di accettare, possiamo permetterci di chiedervi un favore, Principe?”. A quelle parole sollevò lo sguardo, ed il suo occhio brillava di una luce tanto inquietante quanto innaturale.
    “Uhm uhm, dimmi pure, piccolo: che cosa vuoi?” gli chiese Rael, incuriosito dalla richiesta di Esteban e dalla cortesia con cui l'aveva chiesta.
    Esteban indicò semplicemente tutti i soldati rimanenti uno per uno, sorridendo.
    Rael li fissò, e vide nei loro volti dipinta la paura per essere davanti ad un bambino così spaventoso: si voltò quindi di nuovo verso Esteban per chiedergli: “Poi non farai storie? Non mi disturberai durante il viaggio? Non ti lamenterai? Prometti?”.
    Ad ogni domanda di Rael Esteban fece segno di “No” con la testa allegramente, come se si divertisse un mondo in quella situazione, come se fosse un gioco.
    “Uff... Cosa mi tocca fare per lavoro... E va bene, ingordo!” commentò stancamente Rael, per poi scostarsi volteggiando verso sinistra e lasciando così scoperti i soldati, che trasalirono.
    Esteban puntò verso di loro la mano, ed i due sciacalli attaccarono come fatto pochi minuti prima con gli altri soldati.
    Mentre le due creature si nutrivano ed Esteban le fissava sorridente, Rael giocò a sollevare con una piccola corrente d'aria alcuni fiocchi di neve e facendo loro assumere svariate forme, come se non si accorgesse del rumore e dello spettacolo di sangue che era a pochi passi da lui.


    Fine del capitolo, signori.
    Come avete visto Rael è sopravvissuto quasi senza danni (you don't say?) all'esplosione della Villa, e si è messo sulla tracce del piccolo Esteban. Quindi Elsmay ha perso il bambino nel suo trasferimento, e pare proprio che sia stata la bambola a causare l'interferenza.
    L'Ombra, già apparsa, ha assunto la sua vera forma, ovvero i due sciacalli della fine del capitolo, e che hanno preso il controllo della mente di Esteban. Oppure è Esteban ad essersi lasciato controllare, chissà...
    Ora cosa succederà?
    Esteban e Rayshin, due fratelli molto (è decisamente diminutivo) uniti, ora divisi in due fazioni: da una parte Esteban nelle mani di Lasyrindes, e dall'altra Rayshin nelle mani di Diell.
    Cosa succederà?
     
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