Yu-Gi-Oh! La Catena dell'Inesistenza

[AVVENTURA][COMICO][SERIO][VM 13]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Xivren
        +1   Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Member
    Posts
    1,278
    Reputation
    +263
    Location
    Arctic World

    Status
    Anonymous
    Ebbene, cari lettori, rieccoci qui, pronti e felici (?) per un nuovo capitolo.
    Come predetto, in questo capitolo scoprirete la vera identità dello Ierofante: Esteban? La teoria di Iper-kun? Diell? Qualcun altro?
    Leggete e lo scoprirete.


    CAPITOLO 23 – COLUI CHE SI CELA SOTTO IL MANTELLO

    ????

    "Come stati, caro Rayshin?" chiese la voce giovanile dello Ierofante al ragazzo, ancora steso a terra.
    La testa di Rayshin scoppiava ancora per quanto successo pochi minuti fa... anche se non era certo di quanto tempo fosse passato da quando aveva perso i sensi. "Che sarà successo?" si chiese, cercando di far mente locale.
    Ma appena Rayshin sentì quella voce, che ricordava così bene e soprattutto familiare, alzò il busto, ed osservò la sala in cui si trovava.
    Realizzata in pietra color ocra, la sala era circolare, e suo malgrado Rayshin scoprì di trovarsi proprio al centro di essa. Attorno al corpo del ragazzo ruotavano lentamente quattro colonne in marmo bianco, dai cui capitelli proveniva quella strana energia violastra che, percorrendo tutta la loro lunghezza, costituiva il sigillo che bloccava il suo corpo. Oltre le colonne era presente una piccola scalinata circolare, che le circondava completamente
    Superata con lo sguardo la scalinata, il ragazzo vide a qualche metro di distanza un tavolo a forma di mezzaluna, realizzato in mogano nerastro. Nonostante la squisita fattura del mobile, Rayshin si concentrò subito sull'uomo che vide seduto oltre il tavolo su una poltrona bluastra: Francesco, il maggiordomo di suo fratello.
    L'uomo teneva le braccia appoggiate sul tavolo, e lo fissava da lontano con il suo consueto sguardo di ghiaccio, freddo e di disprezzo. Il ragazzo notò però che il maggiordomo indossava un completo molto diverso, e decisamente più elegante e formale.
    "Francesco!" gridò il ragazzo, mentre si alzava di scatto. Nel compiere tale azione il corpo di Rayshin venne attraversato da un profonda fissa di dolore, e perse l'equilibrio cadendo sulla sinistra. Mugugnando dal dolore, il ragazzo si preparò ad urtare il pavimento, ma con sua grande sorpresa urtò un muro invisibile eppure solido, e scoprì che si trovava proprio dove il sigillo finiva.
    Mentre Rayshin scivolava a terra, una seconda voce gli intimò: "Ragazzino, non sei ancora nelle condizioni di muoverti, per cui stai fermo e buono!". La voce non lasciava però trasparire minacce o stizza, ma bensì una sorta di divertimento nel vedere Rayshin in quelle condizioni.
    Il ragazzo voltò il capo verso dove proveniva la voce, cioè alla sua sinistra. Vide quindi una scalinata di altezza non trascurabile, e sulla cima di essa un trono dorato, decorato da diversi motivi geometrici. Sul trono sedeva un uomo, e che il ragazzo identificò subito: "Tu sei quello del Torneo! Quel... Delver!".
    L'uomo, cioè Delver, rise divertito, ed appoggiandosi al bracciolo destro del trono canzonò il ragazzo: "Wow, che memoria portentosa hai, ragazzino! E dire che il mio nome non è stato reso noto da nessun giornale o notiziario nel mondo! Io credevo che quella volta tu stessi beatamente dormendo...", per poi incrociare entrambe le gambe.
    "Delver, non credi soffra già abbastanza anche senza le tue battutine? Con quanto successo, abbi almeno un po' di pietà per lui, suvvia..." ribatté un'altra voce, questa volta proveniente da destra. Seguendola, Rayshin vide una scalinata analoga a quella di Delver, e su di essa un altro trono dorato.
    La persona che però lo occupava sembrava più giovane di Delver, sui vent'anni: i capelli erano neri e piuttosto lunghi, infatti scendevano in un piccolo codino lungo la schiena, mentre prima raggiungevano l'altezza del collo. Un po' mossi, l'uomo portava i capelli in una frangia che gli copriva l'occhio sinistro, mentre quello destro ed azzurro era ben visibile. Il volto dell'uomo però appariva stanco e triste, con un'occhiaia sotto l'occhio visibile, benché sembrasse più trucco.
    Delver batté le dita sul suo trono, dichiarando piuttosto arrabbiato: "Stai zitto, Emas! Non ho certo bisogno dei tuoi consigli, per cui chiudi il becco!". Per tutta risposta l'altro uomo, cioè Emas, rispose debolmente: "Scusami... Ferisci sembra di più il mio cuore piangente...", per poi starsene zitto ed accovacciato sul trono.
    "State calmini, ragazzi! Abbiamo un ospite, fatemi fare bella figura!" zittì la voce giovanile di prima, con calma e tranquillità.
    Rayshin era nel frattempo riuscito ad alzarsi senza cadere, senza però degnare di attenzione i battibecchi di Emas e Delver, mentre rifletteva: "Ma che hanno quei due? Sembrano entrambi infantili come Lyedar... Ma questa voce...", e sollevò lo sguardo.
    Superando Francesco, che nel frattempo aveva chiuso gli occhi, vide una terza scalinata, ma più alta delle altre due. Sulla cima vide un trono in pietra nerastra, più grande e rifinito rispetto a quelli di Delver e di Emas, circondato da motivi decorativi in oro e rivoli verso l'alto. Il centro di questi motivi era occupato da una grande riproduzione dorata dello stemma dell'Ordine. E proprio sul quel trono era seduta una piccola figura, con entrambe le braccia appoggiate sui braccioli del trono: era coperta da un mantello nerastro, ed il cappuccio impediva a Rayshin di scorgerne il volto, benché il ragazzo sapeva che quella figura, sicuramente un bambino, lo stava fissando da là.
    Dondolando le gambe, il bambino continuò voltandosi verso Delver: "Delver, Emas ha molto più giudizio nel fare, dire e pensare le cose rispetto a te! Ricordi che dovevi entrare nell'Istituto senza fare scene, ed invece hai fatto esplodere il Rosone? Prendi esempio da Emas, suvvia...", e dopo un attimo di silenzio si voltò verso Emas: "Anche tu Emas, non tornarmi depresso così tutto d'un tratto: prendi esempio dall'allegrezza e dalla vitalità di Delver, suvvia...", per poi tornare a fissare Rayshin.
    Ai due lati del centro della sala, Delver ed Emas distolsero volontariamente la vista sull'altro, imbarazzati per la ramanzina appena subita e sussurrando: "D'accordo, Sommo Ierofante...".
    "E... tu chi sei?" chiese subito Rayshin al bambino, in quanto aveva ritenuto indelicato intromettersi nella conversazione tra i tre. Ma non si era ancora ripreso dallo stordimento precedente, benché ricordasse quella voce.
    Il bambino smise di dondolare le gambe, per esclamare sorpreso: "Eh? Non ti ricordi di me, caro Rayshin? Eppure sono passati solo pochi giorni... Birbante! Dimenticare così una tua così cara conoscenza...", per poi mettere il broncio al ragazzo. Dopo pochi secondi rispose a stento: "Uhm... Sono lo Ierofante dell'Ordine di Yeni Aci, così almeno sai a chi ti rivolgi!".
    Per un instante il cuore di Rayshin si fermò: non solo aveva appena avuto la conferma di essere stato catturato dall'Ordine di Yeni Aci, ma davanti a lui si trovava nientemeno che il signore dell'Ordine in persona, lo Ierofante. Fin da piccolo Rayshin aveva visto e saputo cosa i piani di quella persona avevano causato all'Impero ed all'Other, gettandoli in periodi di grave crisi e paura. Non per nulla recentemente le due potenze avevano stipulato la pace, ufficialmente giustificandola come "necessaria al fine di poter permettere il perfetto sviluppo dei nostri stati attraverso la collaborazione reciproca", mentre invece la pace era frutto del terrore causato da quella persona e dai suoi sottoposti.
    "Maledizione... In che situazione mi trovo... Che faccio?" rifletté precipitosamente Rayshin, reggendosi il braccio destro attraversato da una fitta di bruciore. Soffocando un gemito di dolore, il ragazzo decise: "Per ora posso solo cercare di guadagnare tempo: a quanto pare questa specie di... sigillo mi tiene bloccato qui!".
    "Francesco, e tu cosa ci fai qui? Hanno catturato anche te?" chiese quindi Rayshin, che suo malgrado non poteva fare a meno di preoccuparsi un po' del cameriere di suo fratello.
    L'uomo subito non rispose, ed anzi sbuffò come suo solito. Aprendo gli occhi, dichiarò: "Innanzitutto ti prego di chiamarmi con il mio vero nome: Elsmay... Francesco non era altro che un nome falso! In secondo luogo, faccio parte dell'Ordine di Yeni Aci da circa trent'anni, e semmai sono io ad aver catturato te!" rispose stizzito l'uomo, con il suo consueto sguardo di ghiaccio rivolto al ragazzo.
    Normalmente Rayshin avrebbe risposto a modo alle parole di Francesco, o meglio Elsmay, ma non ci voleva molto per capire che non era nella posizione di avanzare offese. Ma, superato il fatto che gli aveva dato del tu, il ragazzo era piuttosto inquietato e scosso da quanto rivelato dall'uomo.
    "Quindi... per tutto questo tempo hai tenuto la mia famiglia sotto stretta sorveglianza, ingannandoci e servendo l'Ordine?" chiese con un filo di voce Rayshin, sopportando il dolore al braccio.
    Per tutta risposta Elsmay semplicemente annuì, sollevando le spalle come se per lui quell'accusa non significasse nulla.
    Rayshin strinse i denti, soffocando la rabbia che in quel momento ardeva in lui verso quell'essere, e per gridargli contro: "Come... come hai potuto farci questo!? Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te... Ed invece un misero servo come te si permette di voltarci le spalle! Credevo che almeno tenessi a cuore Esteban, invece sei solo un mostro!". Trasportato dalla rabbia, il ragazzo urtò ancora la barriera del sigillo, questa volta però senza farsi alcun male.
    Nei primi istanti nessuno nella sala fiatò, eccezion fatta per l'ansimare di Rayshin, ma dopo poco Delver scoppiò a ridere, burlandosi del suo compagno: "Ah ah ah! O santi numi, Elsmay... Ti ha chiamato "servo"! Ah ah! Che forza questo ragazzo... Che fine ha fatto l'ultimo che ti ha chiamato così? Pff...".
    Rayshin non aveva informazioni sufficienti per capire a cosa Delver si riferisse, ma osservò che Elsmay si era alzato in piedi di scatto, gridandogli infuriato: "Stai zitto, moccioso! Tu non sai niente di me, e per tua informazione la tua famiglia non ha mai, e dico mai fatto nulla per me! Per cui tappati quella fogna da cui escono le tue parole, e torna a dormire!".
    "Elsmay, per favore... Calmati, è solo un ragazzo... Non fargli del male, non sa nulla del tuo passato! Non credi sia esagerato trattarlo così?" tentò di tranquillizzarlo Emas, con voce dolente.
    Rayshin però non badò alle offese del maggiordomo, e ribatté energico: "Non abbiamo fatto nulla? Ma se vivevi nel lusso, non negarlo! E vedi di abbassare il tono con me, razza di misero servo che non sei altro!".
    Fremente di rabbia e paonazzo in volto, Elsmay sollevò la mano destra: immediatamente le quattro colonne che ruotavano attorno a Rayshin si fermarono con un tonfo, e le linee di energia violastre si ritrassero verso le loro rispettive colonne.
    Vedendo il sigillo sparire da sotto i suoi piedi, Rayshin allungò la mano oltre quello che doveva essere il muro invisibile, e scoprì che era sparito: istintivamente il ragazzo sorrise, pensando: "Ottimo! Questa specie di barriera se n'è andata! Ora...", ma il suo entusiasmo durò poco.
    Elsmay, con un salto, superò il suo tavolo, e sguainando lo stocco che portava al fianco si avvicinava sempre più verso Rayshin a passi pesanti, sussurrando furente: "Ora vediamo chi è il miserevole, moccioso....".
    Rayshin cominciò ad indietreggiare, spaventato dalla rabbia emanata dall'uomo, riflettendo su quanto fosse stato stupido a deriderlo poco prima. Ma prima che potesse muoversi, qualcosa catturò la sua attenzione, e quella di tutti i presenti: lo Ierofante era comparso al fianco di Elsmay, con il mantello che scendeva lentamente verso il pavimento, ed aveva appoggiato la mano sulla spalla del suo sottoposto, per poi scendere lentamente a terra.
    "Elsmay, calmati." disse semplicemente il bambino con il volto coperto dal cappuccio, in tono freddo e severo, tanto che persino Rayshin venne attraversato da un lungo e gelido brivido, in contrasto con il bruciore del suo braccio.
    L'uomo fissò ancora furente per qualche istante Rayshin, e poi con un sospiro rimise l'arma al suo posto, scusandosi: "Scusatemi per lo spettacolo, chiedo scusa...". Detto ciò, si voltò e tornò al suo posto, piuttosto rilassato.
    Solo allora lo Ierofante si voltò verso il ragazzo, dichiarando: "Spero che questi piccoli inconvenienti non ti abbiano dato un'idea sbagliata del nostro Ordine! Ma siamo tutti un po' stressati, specie da quando Elsmay ed Irene sono tornati dalla tua Villa!".
    Deglutendo per quanto aveva appena visto nello sguardo di Elsmay, Rayshin chiese al bambino: "Di... Di Irene che ne è stato? Non dirmi che anche lei... lei...", ma non riuscì a trovare il coraggio di finire la frase.
    "Anche lei fai parte del mio Ordine? Certamente! E' pur sempre la figlia di Elsmay, come si dice: "Tale padre tale... uhm... figlia"? Mi pareva che non fosse così, il detto..." rispose allegro lo Ierofante, fermandosi però a riflettere se la sua citazione fosse corretta o meno.
    Dopo pochi istanti sollevò le spalle, concludendo: "Vabbeh, ormai non ho più l'età per queste cose... Comunque Irene sta bene, e ti manda i suoi saluti: non è qui perché non può accedere a questa sala, solo noi quattro possiamo! Non la trovi bellissima?", per poi spalancare le braccia ed indicare l'intera sala.
    Sollevando le braccia il bambino spostò il mantello che gli copriva quasi l'intero corpo, e Rayshin notò che indossava un completo in giacca e cravatta nero, decorato con figure sottili e sinuose in oro, e tutte simili a parti dello stemma dell'Ordine. La giacca era aperta sulle gambe, e si vedeva che sotto essa il bambino portava una camicia biancastra. I pantaloni erano neri, e sulla caviglia erano aperti, mentre a differenza di tutti gli altri membri dell'Ordine non portava stivali, ma solo un elegante paio di scarpe nere con la punta bianca.
    Fissando quell'accostamento di colori tra bianco e nero, Rayshin non poté fare a meno di pensare alla passione che suo fratello aveva per quei due colori, e del fatto che aveva decorato la sua intera parte di Villa così.
    Piuttosto agitato, il ragazzo chiese: "Mio fratello dov'è? Sta bene? Cosa gli è successo?", tutte domande in rapida successione, ma che premevano nel suo animo.
    Lo Ierofante richiuse le braccia, lasciando però il mantello dietro la schiena, e sussurrò divertito: "Oh, che premura! Apprezzo molto questo tuo pregio, Rayshin, lo hai sempre avuto, che io ricordi...", rivelando anche una certa nostalgia per ciò che stava ricordando.
    Mentre lo Ierofante restava un attimo perso nei suoi ricordi, Rayshin rifletté inquietato: "Che intende dire? Sembra quasi che mi conosca da tempo...", ma prima che potesse chiedere ancora il bambino davanti a lui riprese la parola.
    "Comunque sia, tuo fratello sta bene, benché in questo momento non... non è proprio in sè, eh eh! Non è qui, ma non temere: ti assicuro che sta benone! Anzi, mi pare che in questo momento stia dormendo!" gli illustrò lo Ierofante, ridendo e piegando il capo. In una frazione di secondo Rayshin scorse un sorriso sotto il cappuccio del bambino.
    "Ma se non è qui con me, come puoi esserne sicuro?" gli chiese ancora Rayshin, che data l'assenza del fratellino dubitava che lo Ierofante gli stesse davvero dicendo la verità.
    Lo Ierofante parve piuttosto sorpreso da quella domanda, tanto che prima di rispondere si massaggiò il capo con la mano: "Uhm... Beh... Ecco io... Diciamo che sono stato sufficientemente assieme ad Esteban! Anche se recentemente non mi sono più fatto vivo, che peccato... Ma non ti sto mentendo, giurin giurello!", e concluse mettendosi le mani sopra il cuore, a prova della sua onestà.
    Rayshin si fermò un attimo a capire il senso di quelle parole: "Che cosa intende dire con "assieme a Esteban"? Esteban non aveva amici, oltre che Diell, e non ha mai ricevuto nessun bambino con cui giocare...", poi drizzò il capo, schioccando le dita: "Non sarà... No, non è possibile... Non deve..."
    "Tu... tu sei Esteban?" chiese con un filo di voce Rayshin, bianco in viso.
    Il bambino davanti a lui non rispose subito, ma si limitò a fissarlo. Dopo pochi secondi, però, lo Ierofante scoppiò a ridere, in una maniera talmente divertita da piegarsi sulle ginocchia. La sua risata riecheggiò in tutta la sala, terrorizzando Rayshin: più che una risata umana, sembrava disumana.
    Diminuendo man mano gli scatti di risata, lo Ierofante si calmò, ricomponendosi, e dichiarò: "Che idea bislacca, caro Rayshin! Sul serio, come ti viene in mente una cosa tanto assurda: io... tu fratello minore? Ma dai!".
    "Ma... eppure tutto coincide... Non può... Non può essere altrimenti..." balbettò Rayshin, mentre cercava di alzarsi da terra.
    "Non sono Esteban! Punto! Fine! Stop! Basta!" rispose arrabbiato lo Ierofante, che a quanto pareva non gradiva affatto i sospetti di Rayshin sulla sua identità.
    "Sembra che non voglia dirmi molto... Forse è meglio che continui dopo, infondo mi basta sapere che Esteban sta bene per essere felice..." riflettè il ragazzo, per poi prendere la parola: "E mamma e papà dove sono? Immagino che il vostro scopo fosse catturarli, no? Quindi credo che siano qui, sbaglio?".
    Ma lo Ierofante rimase in silenzio, abbassando il capo, come se fosse triste per quella domanda. Dopo diversi secondi rispose al ragazzo tristemente: "Elger ed... ed Inamor sono morti... Probabilmente è stata quell'Ibrida ad ucciderli, a giudicare dalle ferite che riportano! Anche se nessuno era presente... Mi dispiace, Rayshin...", e tornò in silenzio.
    Rayshin cadde sulle ginocchia, immobile. Allora non era stato tutto un orribile sogno, i corpi a terra dei suoi genitori c'erano davvero, ed ora non li avrebbe più visti, mai più. Ansimando velocemente, si mise la mani nei capelli, mentre le lacrime cominciavano a scendere lungo le guance.
    Vedendolo in quelle condizioni, lo Ierofante gli si avvicinò, allungando le braccia e consolandolo: "Suvvia, Rayshin... Devi farti forza... Coraggio!".
    Ma le sue parole erano lontane, e Rayshin non ci prestò attenzione. Nel turbine della sua mente c'erano soltanto le immagini dei cadaveri dei suoi genitori, e lui lì vicino che non era riuscito a proteggerli o difenderli. Una vocina nella sua testa gli disse: "Oh oh oh! Hai fallito, Rayshin! Pensa a cos'avranno pensato i tuoi genitori prima di morire: "Oh, Rayshin, perché non ci hai difeso? Non ci vuoi bene?" Che cattivo sei stato...".
    "NO! Non è vero, io... io.... sta zitto!" gridò il ragazzo, piegando sempre più il corpo e stringendosi la testa. Non si accorse che in quello stesso momento Delver, Emas ed Elsmay allungarono il busto verso di lui, sorridendo come se aspettassero da lì a poco qualcosa di eclatante. Non per nulla non erano intervenuti nella conversazione tra il ragazzo e lo Ierofante.
    "Rayshin... Accetta la realtà, sono morti! Ma non..." cominciò a consolarlo lo Ierofante, battendogli la mano sulla schiena amichevolmente. Non poté però finire la frase in quanto le sue corde vocali vennero recise: il braccio destro di Rayshin gli aveva reciso la gola all'istante, benché il ragazzo avesse solo gridato: "Zitto!". Ma quando sentì il caldo del sangue scorrerre sulla sua pelle, Rayshin si voltò, e quanto vide lo fece inorridire.
    La pelle della sua mano era nera, e sulla punta di ciascun dito figurava un'unghia affilata ed a punta, sempre nera. Inoltre, la sua mano era attraversata da alcune vene, in cui scorreva quella che sembrava energia biancastra, di luce molto fioca. Ma ben presto la luce venne coperta dal sangue che schizzava dalla gola dello Ierofante, il quale cadde a terra senza emettere alcun suono e nessun movimento. Tremando, Rayshin si portò la mano davanti al petto, e con suo grande orrore un occhio verticale, costituito dalla stessa energia biancastra e con l'iride nerastra di aprì sul suo polso, fissandolo.
    Gridando terrorizzato, Rayshin cadde all'indietro, allontanandosi dal corpo sanguinante dello Ierofante, e come se volesse scappare dal suo stesso braccio. La sua fuga però però interrotta quando si scontrò contro una delle quattro colonne della sala, senza però che avvertisse dolore.
    Ma nel momento in cui la toccò, si rese conto di una cosa, ed in quel momento vide il suo braccio tornare alla sua normalità, mentre l'occhio sul polso si chiudeva lentamente per poi sparire.
    Dopo qualche secondo, il ragazzo chiese: "Non... non fate nulla?", rivolgendosi agli altri nella sala.
    I tre vertici dell'Ordine erano tornati nella loro posizione di prima, benché fissassero tutti la scena sotto di loro. In compenso non emettevano alcun suono, ed anzi parevano non respirare.
    "Ho... ho ucciso il vostro capo, e... e non fate nulla?" continuò Rayshin, sudando freddo. Il ragazzo si aspettava che i tre si lanciassero all'attaco, per proteggere il loro signore o per vendicarlo, mentre invece erano immobili, benché Delver con la mano gli fece segno di voltarsi.
    "Ohi ohi... Non devi mai saltare a conclusioni affrettata, caro Rayshin! E' un difetto che non ti si s'addice per niente!" rispose la voce dello Ierofante, tranquilla e rilassata.
    Di scatto Rayshin si voltò verso il corpo, e vide che lo Ierofante si era appena alzato in piedi, benché il sangue continuasse a colare dalla sua gola recisa. Nonostante la ferita riusciva però a parlare, e questo lo terrorizzò ancora di più.
    Il bambino tentò di pulirsi la giacca dal suo sangue con la mano, ma allargò solo goffamente la macchia nerastra. Con un sospiro sconsolato, lasciò perdere commentando: "Uffa... Dovrò farla lavare, e queste macchie non se ne vanno mai via, uffa!".
    Detto ciò si voltò verso Rayshin, e lo raggiunse velocemente, lasciandosi dietro una scia di sangue. Mentre si avvicinava, Rayshin notò che la ferita alla gola si era già rimarginata, senza lasciare alcuna traccia di quanto appena accaduto.
    "Rayshin, alzati! Non vorrai stare scomodo..." gli propose lo Ierofante, tendendogli la mano sporca di sangue.
    In quello stesso momento il nodo che teneva chiuso il cappuccio si ruppe, a seguito del taglio generato da Rayshin poco prima, ed il mantello dello Ierofante cadde a terra.
    A differenza di prima, il cuore di Rayshin non si fermò per un istante: a quanto il ragazzo sentì il suo cuore si fermò del tutto, mentre la voce gli andava via dalla gola. Quanto aveva sotto gli occhi lo lasciava senza parole, e sbiancò in un istante: ora si ricordava di chi era quella voce.
    Non poteva dimenticarlo: con quei suoi capelli dorati perfettamente ordinati e curati, lunghi fino alle spalle ed un piccolo codino, con una frangia che gli scendeva verso sinistra, e quegli occhi chiari come il cielo, sapeva chi c'era davanti a lui.
    Davanti a Rayshin c'era Diell, e sorrideva.


    E così, cari lettori, senza alcuna teoria alle spalle, animato solo da divertimento, Nossy chan ha effettivamente indovinato per primo la vera identità dello Ierofante che per tutto questo tempo altri non è stato che Diell.
    Senza aggiungere altro, vi lascio ai vostri pareri, salutandovi e dandovi appuntamento al prossimo capitolo.
     
    Top
    .
407 replies since 1/11/2013, 14:37   8588 views
  Share  
.