Yu-Gi-Oh! La Catena dell'Inesistenza

[AVVENTURA][COMICO][SERIO][VM 13]

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    E rieccoci qui al nostro solito appuntamento con la Catena dell'Inesistenza: nel prologo abbiamo letto le rivelazioni di un certo Zhakia, sotto forma di lettera ad un losco figuro chiamato Delver.
    Benché questi due personaggi li ritroveremo più avanti, ora è il momento del primo capitolo e l'incontro con il personaggio principale.
    Sarà, oltre che una lettura per voi (e spero che sia gradita) anche un modo per me per poter verificare se i capitoli sono troppo lunghi, massicci e difficili.


    CAPITOLO I – I CONSIGLI DI UNA MADRE –

    Giovedì 1 Novembre – Ore 07:50 – Finoma, Regno Europeo«»

    «Buongiorno Signorino Rayshin, è ora di svegliarsi!» annunciò una voce nell'oscurità.
    Subito dopo, la luce del giorno illuminò la stanza, permettendo di riconoscere la persona che aveva appena parlato: si trattava di una giovane donna, in un'elegante divisa nera e bianca decorata con ricami in argento, di circa vent'anni, che stava scostando le tende di una grande finestra.
    La donna si trovava in una stanza da letto, molto ampia e interamente fatta di marmo bianco. Tra i vari mobili presenti all'interno, su tutti spiccava un grande letto a baldacchino, con le tende e le coperte di un colore rosso amaranto, dal quale si poteva vedere qualcosa muoversi sotto la pesante trapunta. Dal letto infatti arrivò una flebile voce maschile: «Uhm... Irene... Lasciami ancora un po'...».
    La donna, di nome Irene, mentre scostava le tende dell'ultima finestra, ribatté: «Mi dispiace Signorino, ma non può assolutamente permettersi di arrivare tardi alle lezioni... Oggi è l'inizio del Centoduesimo, e Lei sa quanto sia importante questo evento!».
    «La cosa non è rilevante, anche tu lo sai...» rispose, ancora pigramente, la voce dal letto.
    Irene, che gli altri giorni avrebbe dato corda al ragazzo, dovette cercare di svegliarlo il più in fretta possibile. A tal fine, lo informò: «Signorino, la pregherei di alzarsi, se non per l'evento di oggi almeno per sua Madre, che la sta aspettando nell'atrio». Adesso il tono di voce della cameriera era grave, non più scherzoso come poco prima.
    Appena finì di pronunciare quella frase, dal letto una figura si alzò all'improvviso, pur restando nascosta dietro le tende, e domandò piuttosto sorpresa: «Cosa?! Mia madre è ancora qui!? Stavo sognando ancora, oppure è la verità?».
    «Ha capito benissimo, Signorino Rayshin, Madame Inamor si trova ancora a palazzo, ed in questo momento la sta aspettando di sotto. Ha già incontrato il Signorino Esteban, e dopo il loro colloquio mi ha mandato a chiamarla» spiegò Irene, che, avvicinandosi al letto, iniziò a scostarne le tendine.
    «Uhm, la cosa è sospetta, molto sospetta. Come mai Esteban si è svegliato così presto? Uffa, già di prima mattina mi tocca sopportare tali pressioni... E va bene, mi alzo, mi alzo...» concluse la figura nel letto, scostando la trapunta e scendendo così sul tappeto in seta rossa e dorata che accerchiava il mobile. Si trattava di una ragazzo, a prima vista di circa 16 anni, con in capelli neri lisci, lunghi all'altezza delle spalle e con alcune ciocche sulla fronte. Indossava un pigiama di colore blu notte, e mentre scese si stropicciò gli occhi, di colore marrone.
    La cameriera, compiaciuta, mise sul comodino a fianco del letto un vassoio contenente una sola tazza di tè fumante.
    Mentre il ragazzo, muovendo pigramente la mano per afferrarla, se la portò alle labbra, Irene aprì uno dei due armadi in mogano che si trovavano lungo la parete di fronte al letto e vi entrò dentro con tutto il busto, domandando: «Signorino Rayshin, cosa intende indossare per questa occasione? Immagino qualcosa di nuovo, per fare bella figura!».
    Rayshin scostò la tazza dalle sue labbra, annoiato: «I vestiti sono vestiti, uno vale l'altro... Anzi, sai che ti dico? Sceglili tu, per questa volta, hai sempre buon gusto nel vestirmi... Io oggi non ne ho voglia».
    E' opportuno, in questo momento, specificare che per Rayshin, qualsivoglia questione legata ai vestiti, come l'acquisto, l'abbinamento e lo scarto, era un'agonia spaventosa tanto da dargli sempre un gran sonno. Amava vestirsi elegantemente, ma odiava essere lui a scegliere come.
    «D'accordo... Allora, io prenderei questo... che si associa a questi... se poi ci mettiamo quell'altro...» commentò quasi tra sé e sé Irene mentre si immergeva sempre di più nell'armadio nella camera di Rayshin. Quest'ultimo non poté fare a meno che guardare con un sorriso la donna ormai quasi scomparsa tra le lunghe giacche, ma pochi istanti dopo scosse la testa arrossendo e tornò alla sua colazione.
    Irene, dopo aver guardato e riguardato gli abiti che aveva sul braccio, compiaciuta, li distese sul letto, in modo che il ragazzo potesse vederli, chiedendo: «Signorino, sono di suo gradimento?».
    Rayshin ripose la tazza sul comodino dopo aver finito il tè, e guardò gli abiti scelti dalla sua cameriera: sul letto erano disposti, in ordine, una lunga giacca di colore nero con i lembi decorati da fasce terminanti a punta e decorate con simboli simmetrici, con i polsi rialzati e le spalline imbottite, abbellita con alcuni motivi in argento ed in oro; una camicia nera con il colletto alto; un paio di pantaloni, sempre neri; ed infine un paio di stivali, neri con una striscia centrale bianca. Infine aveva scelto un jabot in seta bianca, con il nodo coperto da una gemma di colore blu.
    Mentre cominciava a cambiarsi, Rayshin lodò Irene con un largo sorriso: «Complementi, mia cara Irene, io non sarei mai arrivato a scegliere vestiti così abbinati... Che ne diresti di un corso da stilista? Potresti affinare le tue capacità, e così avresti uno stipendio più alto!», per quanto una parte della sua mente pensò: "Così potrò dormire di più!".
    Irene rispose gentilmente a Rayshin, accennando ad un inchino: «»Sono lusingata da questi suoi complimenti verso di me... Non ci sarebbe gioia maggiore, ma come Lei sa noi... servitù abbiamo compiti ben precisi, affidati fin dal momento in cui la sua onorevole Famiglia ci ha assunti. Se anche Madame Inamor e il suo augusto Consorte fossero d'accordo, ciò non sarebbe possibile: mi dispiace, Signorino, ma è la legge dell'Impero».
    Il ragazzo, ascoltandola, si accorse che aveva avuto qualcosa simile ad un attimo di esitazione quando pronunciò la parola "servitù". Sembrò quasi esitare nel pronunciarla, come se non la rispecchiasse ed anzi la disprezzasse. Sospirando, finì di allacciarsi il jabot al collo e si voltò verso la cameriera: «Uhm, è proprio un peccato, e dire che avevi molto talento... Comunque proverò a parlarne con mio padre, magari potremo fare qualcosa per risolvere questo problema», anche se in realtà pensò: "Così non potrò dormire di più! Dannazione!".
    Nonostante questa delusione, il ragazzo si incamminò verso la porta della sua stanza, i suoi passi che riecheggiavano al suo interno, e si rivolse ancora una volta alla sua cameriera: «Irene, io scendo da mia madre, tu preparami tutto il materiale per oggi. Ti aspetto nel cortile della piazza secondaria».
    La donna, inchinandosi, rispose: «Come desidera, Signorino... Ah! Aspetti un secondo, per favore!», e corse verso il ragazzo.
    Rayshin, che aveva quasi chiuso la porta alle sue spalle, vedendo Irene piegarsi i suoi piedi le chiese perplesso: «Che succede, Irene?». La cameriera, senza cambiare posizione, rispose prontamente: «Aveva legato le stringhe dei suoi stivali in modo asimmetrico... Ecco, così sono a posto...», si alzò, per poi passare le mani attorno al collo di Rayshin, «e inoltre il suo colletto era sollevato a destra, mostrando il fazzoletto... Voilà!» concluse Irene, sistemando i vestiti di Rayshin e indietreggiando di un passo.
    Il ragazzo, piuttosto imbarazzato, evitò di guardarla negli occhi, e si limitò soltanto a ringraziarla: «Eh.. Uhm.. Beh, grazie mille, Irene... Allora, ecco, io vado, che aspetto mia madre... Cioè, voglio dire, mia madre mi aspetta...» e uscì dalla stanza, a passo piuttosto spedito.
    Irene, rimasta sola nella stanza, soffocò una risata, e si sedette sul letto di Rayshin. Dopo qualche secondo, batté un pugno sulla coperta, e sussurrò: «Perché devo essere io ad addossarmi questo compito? Ferisco soltanto il Signorino e suo fratello... Eppure Elsmay mi ha detto che non ci saranno problemi, riguardo a loro...».

    ----


    "Accidenti che figura! Farmi ancora riprendere da Irene nel sistemarmi i vestiti! Che figura, che figura!" pensò Rayshin, mentre si apprestava a scendere dagli ultimi gradini della grande scalinata che separava il primo piano dal suo personale. Per qualche motivo, a lui sconosciuto, il fatto che Irene lo vedesse ancora come un bambino a cui sistemare i vestiti piuttosto che un adolescente quasi suo coetaneo lo faceva vergognare profondamente: eppure era quello il compito di lei, provvedere ad ogni bisogno e necessità in quanto sua cameriera personale.
    Mentre pensava ancora a quanto accaduto prima una voce, forte e decisa, lo distolse da quei pensieri: «Buona mattina, Rayshin. Avete riposato bene?».
    Il ragazzo alzò lo sguardo, e davanti a se vide un uomo, con un completo da maggiordomo che gli arrivava fino alle ginocchia e stretto sul petto da due file di bottoni argentei, che lo guardava dall'alto verso il basso, attraverso due strette fessure che avrebbero dovuto essere i suoi occhi, azzurri come il ghiaccio. Deglutì, sapendo bene di trovarsi di fronte al suo più grande nemico: Francesco, il maggiordomo del fratello. Da anni i due si odiavano a vicenda, tutto ciò a causa di una marachella di Rayshin bambino.
    «Buongiorno, Francesco. Sì, ho dormito molto bene, stanotte... grazie ad Irene. E' una fortuna che in questo palazzo ci sia almeno un domestico competente nei suoi compiti!» rispose Rayshin, ricambiando “l'amorevole” sguardo di Francesco con uno simile.
    Il maggiordomo sollevò un sopracciglio e ribatté: «Oh? Sono compiaciuto del vostro riposo, anche se temo che così tante ore di riposo non vi abbiano permesso di preparavi con la dovuta attenzione all'evento di questi giorni... L'abbinamento tra la gemma che ha al collo ed i vostri occhi è sbagliato, e porta l'attenzione dello spettatore a soffermarsi sul vostro cappotto, il cui colletto è sproporzionato a confronto...».
    «Il tuo cappotto invece mi pare stia facendo del suo meglio per farti sembrare un pinguino, specie considerando il fatto che nessuno dei due possiede capelli» lo interruppe Rayshin, alludendo alla mancanza di capelli del maggiordomo, nonostante questi dimostrasse capelli di medi lunghezza pettinati all'indietro. Ma capì subito di aver fatto un passo falso.
    Notando che Francesco aveva serrato i pugni talmente stretti che da lì a poco avrebbe piantato le unghie nella carne, il ragazzo capì che per il suo umore era meglio smetterla lì: «Cambiando discorso, dov'è Esteban? Irene mi ha detto che questa mattina si è alzato di buon'ora, ma io non lo ho ancora visto... Cosa sai in proposito, ammesso che tu sappia qualcosa su qualcuno?».
    In quel momento, per quanto potesse sembrare impossibile, Francesco sorrise e il suo viso, come tutto il suo corpo, parve illuminarsi a quella domanda. Spalancando le braccia, rispose: «Ah! Il Signorino Esteban si è alzato molto prima di voi, come era ovvio aspettarsi, ha scelto da solo una combinazione di vestiti perfetta ed è sceso il più presto possibile da Madame! Dopo aver parlato con ella, si è subito diretto al vostro Istituto! Quale esempio di vitalità, precisione, dovere in un Bambino di soli 12 anni!».
    Rayshin, più che da quanto gli aveva riferito Francesco, era rimasto senza parole da come il maggiordomo fosse riuscito a pronunciare una lode del genere, gridandola e senza riprendere mai fiato. Una persona normale ne avrebbe avuto serie complicazioni respiratorie.
    «Ehm, capisco... E mia madre? Dovrebbe essere qui ad aspettarmi ma, nonostante la tua ingombrante figura, non mi pare di vederla... Dov'è?» chiese, mettendosi poi ironicamente una mano sulla bocca dopo aver dato del grasso a Francesco, che poteva essere accusato di tutto tranne che di essere in sovrappeso.
    Il maggiordomo tornò alla sua precedente posizione, digrignando i denti: «Madame Inamor, probabilmente stanca di aspettarvi, ha preferito utilizzare il tempo del vostro mostruoso ritardo riposandosi in salotto... Cosa che invece non è successa grazie alla puntualità del Signorino Esteban!».
    Rayshin inspirò profondamente: questi discorsi lo sfinivano sempre. Non sopportava che Francesco dipingesse suo fratello come un santo, lodandolo per ogni singola azione che faceva. Una volta il maggiordomo gli aveva rinfacciato persino il fatto che Esteban prendesse meno dolcificante nel caffè rispetto, pur sapendo che lui odiava con tutto il cuore quel liquido nerastro. Francesco era sì il maggiordomo personale di Esteban, così come Irene lo era per Rayshin, ma tra lui e la cameriera vi era una differenza abissale: la seconda sapeva come rendersi amabile in ogni occasione con la sua raffinatezza ed eleganza; il primo invece era piacevole quanto una lastra di ghiaccio ricoperta di veleno, almeno con lui.
    Decise quindi di chiudere lì la conversazione: «D'accordo... Dunque, finiamola qui e accompagnami da mia madre, che non voglio rovinarmi già adesso la mattina».
    «Finalmente una frase sensata! Bene, venite con me!» rispose Francesco, anche lui desideroso di non farsi venire acidità allo stomaco a causa di quel ragazzino. Si voltò e, seguito da Rayshin, lo accompagnò per il corridoio presente a sinistra della scalinata, che portava al soggiorno del primo piano.
    Aprendo con entrambe la mani una porta a due ante in frassino, il maggiordomo annunciò con voce solenne: «Madame Inamor, è arrivato il Signorino Rayshin!». Detto questo entrò per primo nella stanza, piegando meccanicamente il capo verso Rayshin.
    Il ragazzo poté quindi entrare nella stanza: si trattava di un salone, molto più grande della sua stanza, con le pareti bianche decorate con motivi floreali dorati. Aveva davanti a sé un enorme camino, in quel momento spento, che saliva fino al soffitto; questo dipinto con figure angeliche che si dirigevano verso il centro occupato da una persona, la quale abbracciava queste figure ed aveva il volto coperto da una candida luce ed avvolgendole con i lunghi capelli verdi. Al centro della stanza vi era un tavolino di cristallo dalla forma ottagonale. L'arredamento era invece costituito da quattro divani a tre posti attorno al tavolino, separati l'uno dall'altro da una poltrona, tutti di pelle nera ed in netto contrasto con il candore generale della stanza.
    Ciò che saltava subito all'occhio nella stanza era la presenza di una persona, una donna, che stava fissando il soffitto dando le spalle a Rayshin. Il ragazzo, dopo aver superato il maggiordomo, si diresse verso la persona, salutandola: «Buona mattina Madre, Francesco ed io siamo arrivati!».
    La donna, udite quelle parole, si voltò verso Rayshin e gli si precipitò contro: fisicamente aveva i capelli marroni piuttosto mossi, che portava dietro la schiena ad eccezione di un ciuffo sulla spalla sinistra, e decorati con gemme di vari colori. I suoi occhi erano verdi come il muschio, circondati da un lieve tratto di ombretto nero. Indossava un abito lungo di colore beige, con la gonna a tre strati decorata da fiocchi bianchi. Portava sulle spalle uno scialle dello stesso colore dei fiocchi, mentre le braccia erano coperte da due lunghi guanti dello stesso colore dell'abito.
    «Oh caro Rayshin! Finalmente sei qui, che bellezza!» salutò Inamor abbracciando il figlio, rischiando però di soffocarlo stringendogli le braccia dietro al collo ed impedendogli quasi di respirare.
    «Sì mamma... Sono arrivato... Ma ti prego... liberami!» supplicò Rayshin, il cui volto era diventato viola prugna.
    La donna si staccò immediatamente dal ragazzo: «Oh scusami tanto , caro Rayshin, ma ero molto preoccupata... Non ti vedevo arrivare e temevo stessi male, o fossi sparito o peggio!».
    «Anf... Sono rimasto a parlare... con Francesco... anf...» si scusò Rayshin, tentando al contempo di riprendere disperatamente fiato.
    Inamor batté le mani, esclamando: «Oh, che meravigliosa notizia! Significa forse che avete finalmente appianato le vostre divergenze, o no? Francesco, è così, o no?».
    Un brivido attraversò la schiena del maggiordomo, che si affrettò a rispondere: «Certo Madame, è come avete detto Voi: mentre discutevamo amabilmente, io ed il Signorino Rayshin abbiamo avuto modo di notare di andare molto d'accordo su molteplici argomenti! Abbiamo appianato le nostre divergenze come detto da lei! Ora guardi come siamo contenti! Evviva!».
    Ancora una volta Rayshin fu sorpreso di quanto Francesco sembrasse fare a meno di dover riprendere fiato, ma non poté fare a meno che annuire con convinzione a quelle parole: forse in questo modo sua madre non sarebbe più tornata su quell'argomento e lo avrebbe lasciato libero di odiare quell'uomo fastidioso.
    «Bene, anzi benissimo! Era così triste vedervi litigare sempre e comunque... Ora in questa famiglia ci sarà finalmente un po' di calma!» disse Inamor, sognante. Ricomponendosi poi subito dopo, si rivolse ancora una volta al maggiordomo: «Francesco, grazie per aver accompagnato Rayshin, puoi andare!».
    Francesco si inchinò un'ultima volta verso Inamor ed il ragazzo, e poi uscì dalla stanza. Rayshin tuttavia notò che, prima di richiudere le ante, gli schioccò il solito sguardo di disprezzo che, nel corso del tempo, sapeva essere rivolto esclusivamente a lui.
    Una volta rimasti soli, Inamor poté finalmente chiedere, indagando: «Allora, caro Rayshin, è vero che ora tu e Francesco siete amici? Il suo ultimo sguardo diceva il contrario, o no?».
    Il ragazzo rabbrividì, capendo al volo: “Significa che mia Madre ha capito che stavamo mentendo! Dannato Francesco, la sua interpretazione era troppo rigida!”. In qualche modo doveva uscire da quella situazione: sua madre poteva rivelarsi ben più temibile di Francesco se non soddisfatta su ciò che chiedeva, e che quindi esigeva.
    «Beh, Madre, io sto cercando con tutte le mie forze di instaurare un modus vivendi tra me e Francesco. Però, vedi, dovresti sapere che andare d'accordo con una persona che mette una cravatta gialla con uno smoking e il parrucchino non è molto facile...» tentò di argomentare a sua difesa Rayshin: forse facendo leva sul senso estetico della madre poteva in qualche modo convincerla delle proprie ragioni.
    «Uhm, ma davvero? Eppure sei stato tu a nascondergli il tanto odiato parrucchino nove anni fa, quando ne avevi poco più che sette. Francesco, per essersi presentato da tuo padre senza parrucchino consumò subito tutte le ferie che aveva accumulato in venti anni di lavoro, per riprendersi dallo shock. Se poi contiamo anche tutti gli altri ospiti che hanno assistito allo spettacolo, non gli hai fatto fare una bella figura, o no?» gli rinfacciò la madre, con un sorriso beffardo in faccia.
    «Suvvia, Madre, ero ancora un bambino... Poi pensa che... ehm... la tristezza di Francesco è stata direttamente proporzionale alla felicità di me e Esteban: ci siamo divertiti così tanto con quel parrucchino, prima di perderlo per casa...» cercò ancora di giustificarsi Rayshin, adesso facendo leva sull'amore materno piuttosto che sul rapporto con la servitù.
    «... e a causa vostra, Francesco spende tre ore ogni giorno del suo tempo libero a cercare per casa il suo parrucchino, e ogni volta puntualmente non lo trova... Vi sentite almeno un po' in colpa, o no?» continuò Inamor, mentre una piccola parte di lei provava uno smisurato piacere nel vedere in buffo disagio del figlio.
    Rayshin non poteva rivelarle che lui e suo fratello avevano per sbaglio dato fuoco al parrucchino di Francesco, per cui continuò a mentire: «Sì, sì, io e Esteban abbiamo provato più volte a scusarci con Francesco, ma lui ha perdonato soltanto mio fratello, in quanto sotto la sua ala... Ho anche provato a comprargli un set di parrucchini per il suo compleanno tre anni fa, ma l'ho ritrovato nella legna da ardere poco dopo! Che cosa devo fare, secondo te?». Una volta giocate tutte le sue carte non gli restava che sentire la risposta che sua madre voleva sentirsi dare.
    Inamor si fermò qualche secondo a pensarci, poi rispose tranquillamente: «Non ne ho la più pallida idea, sai Rayshin?».
    A Rayshin caddero le braccia, mentre osservava: "Per quanto sia intelligente e importante in tutto l'Impero, mia Madre è proprio una sempliciotta...”. «Cambiando discorso, mamma, Irene mi ha detto che avevi qualcosa da dirmi... Di che cosa si tratta?» domandò riprendendosi.
    Inamor, a quella domanda, schioccò le dita: «Oh giusto! Sapevo di non averti aspettato per parlare di Francesco, ma non ricordo più perché...».
    A Rayshin caddero di nuovo le braccia: “Forse mia madre è peggio di una sempliciotta...”.
    «Oh, ora ricordo! Dunque Rayshin, da oggi tu e tuo fratello sarete impegnati per quell'evento, giusto?» continuò Inamor, adesso seria in volto.
    Rayshin annuì: «Sì Madre, come ogni anno nel nostro Istituto si svolgerà il Torneo dell'Incoronazione, e con ciò? Quest'anno siamo arrivati al Centoduesimo, e se ben ricordo non sono previsti eventi in particolare in questi giorni, rispetto alle consuete celebrazioni».
    «Bene, in quanto principale Istituto della Nobiltà del Regno Europeo, per i prossimi due giorni il vostro Torneo sarà trasmesso su tutto l'Impero, in contemporanea con quelli degli altri Istituti dell'Impero. Come saprai ciò è importantissimo per il nostro Sommo Imperatore!».
    Rayshin abbassò la testa: sapeva dell'importanza dell'evento, e del fatto che fosse stato indetto dal loro Sommo Imperatore in persona. In quanto tale, la sua attuazione era inevitabile, anzi era un onore prendervi parte, sia come concorrenti che come organizzatori. Per Rayshin il fatto che l'Imperatore potesse anche solo vederlo duellare era la gioia più grande, perché così avrebbe potuto mettere in mostra il proprio valore e le proprie capacità come suddito dell'Impero di Sonsuza.
    «Gli altri anni, caro Rayshin, tuo padre Elger era incaricato di rappresentare il nostro Sommo Imperatore durante il Torneo, ricoprendo la prestigiosa carica di Ambasciatore all'Ordine Imperiale...» gli ricordò Inamor.
    Il ragazzo cominciò a spazientirsi: “Perché oggi mi dice tutte cose che so già?” pensò, e prima di poter tramutare i propri pensieri in parole sua madre lo spiazzò: «... ma quest'anno le cose andranno diversamente».
    Rayshin si bloccò di colpo, ed Inamor proseguì: «Ti ricordi che attualmente tuo padre è impegnato a sedare la rivolta nel Regno Asiatico, o no? In quanto Ministro della Sicurezza e della Salvaguardia Imperiali è suo dovere garantire le difese dell'Impero... Per cui quest'anno non sarà lui a presenziare al Torneo» spiegò la madre.
    «Ne sono perfettamente a conoscenza, Madre. Non che mi importi molto del destino di quei viscidi ribelli, ma mio Padre aveva promesso che nonostante tale impegno sarebbe comunque stato presente... Se lecito chiedere, chi sarà quest'anno l'Ambasciatore?» chiese il ragazzo, non tanto interessato a quel fantomatico nome ma piuttosto deluso dal fatto che suo padre non lo avrebbe visto duellare. A causa degli impegni ministeriali suo padre spendeva poco tempo con la famiglia, ma il ragazzo sapeva che almeno in quei due giorni Elger lo avrebbe guardato, e forse gli avrebbe fatto un cenno di compiacimento.
    «Ah, il nuovo Ambasciatore sarà una persona che tu conosci bene: il Ministro Isroth!» terminò Inamor, con un'espressione indecifrabile in viso: per certi aspetti poteva essere tranquillamente rilassata; per altri invece sembrava estremamente preoccupata.
    Per Rayshin fu come se un macigno si fosse tolto dal suo petto: temeva ben altri nomi che non quello di Isroth. Allora le confessò: «Uff, mi hai quasi fatto prendere un colpo, Madre... Perché così tante preoccupazioni per Isroth?».
    «Tuo padre ed io siamo molto preoccupati, anche senza la tua ironia! Il Ministro Isroth è probabilmente il Ministro più potente dell'Impero: non soltanto per l'abilità, la serietà che mette nel suo lavoro, ma anche perché il Sommo Imperatore ha dimostrato più volte certi interessi verso di lui. Inoltre dopo la morte del Ministro della Ricerca e dello Sviluppo delle Scienze Imperiali, che sia dannato eternamente, è anche incaricato di rappresentare tale Ministero... Ora, tutte le volte che lui è venuto a farci visita, si è sempre distinto per il suo comportamento profondamente educato e rispettoso, tant'è che lui e tuo padre passano molto tempo a discutere assieme, però...» in quel momento la donna si fermò, come se stesse cercando le parole giuste.
    Rayshin, suo malgrado, cominciò ad incuriosirsi, e cercò di tirarle fuori le parole: «Però cosa?».
    Inamor, dopo un profondo respiro, continuò: «I nostri informatori ci hanno riferito che, quando si trova con i suoi sottoposti, si rivela estremamente agitato su te ed Esteban, manifestando una cura non normale nei vostri confronti. Sembra che più volte abbia accennato a possibili minacce a cui potreste andare in contro...ed a quanto sappiamo non sono esattamente cose piacevoli».
    «D'accordo, può nascondere qualche segreto, ma non vedo pericoli all'orizzonte: se si preoccupa per noi due, a rigor di logica dovrebbe essere un nostro alleato. Perché voi invece lo vedete come un nemico?» indagò Rayshin, che non gradiva essere tirato in ballo per una situazione che non lo riguardava direttamente.
    «Caro Rayshin, ci sono molti modi perché un Ministro possa lasciare la sua carica: morte, invalidità, deposizione da parte dell'Imperatore, immeritorietà nella carica... E proprio su quest'ultima a cui voi dovete fare attenzione: per rovinare l'immagine di un Ministro, la cosa migliore è colpirlo indirettamente mediante i propri figli o parenti... Insomma, io e tuo padre temiamo che quest'anno possa succedervi qualcosa di... spiacevole, o che possa in qualche modo nuocere alla nostra famiglia!» rispose Inamor, concludendo la frase velocemente.
    Rayshin si fermò a riflettere, sconcertato: fin da piccolo aveva sempre saputo di quanto fosse importante, come figlio primogenito di un Ministro, l'apparenza ed il comportamento. Aveva sempre cercato di presentarsi come modello esemplare, nelle visite che nello studio. Certo, non mancava anche lui di difetti, come la sua incapacità nella matematica, però gli era sempre parso di svolgere egregiamente il ruolo che portava sulle spalle. Ma i timori dei genitori lo avevano spiazzato: che il Ministro Isroth potesse tramare contro di lui o la sua famiglia gli pareva qualcosa di impossibile. Non solo perché aveva già avuto modo di incontrarlo, ma anche perché, nel caso in cui i timori si fossero rivelati fondati, avrebbe colpito al Torneo, davanti a molta più gente che avrebbe potuto testimoniare a suo favore. Una persona incaricata dal Sommo Imperatore e dedita all'amministrazione di un Ministero non poteva essere così infida: i Ministri erano il fiore all'occhiello dell'Impero per la loro solerzia e per la loro integrità.
    Quando fece per risponderle, Inamor aggiunse: «Specie visto lo strano comportamento di Esteban...», distogliendo poi lo sguardo come se si vergognasse di quelle parole.
    Istintivamente Rayshin le chiese, dimenticandosi di tutti i suoi pensieri: «Perché? Che cos'ha oggi Esteban? Irene e Francesco non mi hanno detto nulla...». A prescindere da tutti gli intrighi politici del mondo, suo fratello minore aveva la priorità massima su ogni cosa.
    Inamor incrociò le braccia e gli confessò: «Uhm, oggi volevo parlargli, come ho fatto con te, ma prima che potessi mandarlo a chiamare l'ho visto scendere di tutta fretta, accompagnato da Francesco... Inoltre, mentre gli parlavo continuava a correre sul posto, e mi ha lasciata dicendomi: “Sì sì, ho capito! Adesso vado, ciao mamma!”, e così è corso via con il suo maggiordomo!».
    Rayshin non rispose: voleva sentire la fine delle rivelazioni della madre.
    «Quando poi Francesco è tornato a palazzo, gli ho ovviamente domandato cosa avesse tuo fratello, e lui mi ha risposto, con quel poco che Esteban gli aveva confessato, che oggi avrebbe dovuto vedersi con qualcuno molto importante, per un evento ancora di più...».
    Rayshin, allora, non poté che condividere parte delle preoccupazioni della madre: “Effettivamente il fatto che questa mattina si sia svegliato così presto è sospetto... Ed in genere lui confessa tutto a Francesco...”. Il ragazzo non sapeva cosa volesse fare suo fratello, ma in particolar modo rimase sorpreso del fatto che Esteban non gli avesse confessato nulla: in genere non gli celava nulla, talmente lo adorava. Talvolta Rayshin aveva anche sospettato che Esteban lo amasse, ma subito dopo si ricredeva su tale pensiero, talmente assurdo anche accostato alla consueta allegria del fratello minore.
    «Eh già, quindi se lo vedi potresti chiedergli che cosa doveva fare, per cortesia? Mi ha fatto preoccupare tanto...» gli chiese Inamor.
    Quando Rayshin fece per ribattere, qualcuno bussò alla porta. Inamor rispose prontamente: «Avanti!», e nella stanza entrarono Francesco e Irene. Entrambi si inchinarono davanti a Inamor, ed Irene disse: «Signorino Rayshin, sono le 8:20, è ora di andare!».
    Inamor si batté un colpo sulla nuca, per poi ordinare prontamente: «Perdindirindina, non mi ero accorta che fosse così tardi! Va' Rayshin, altrimenti rischi di arrivare in ritardo!».
    Il ragazzo, che subito non rispose, parve svegliarsi dai suoi pensieri: «... Eh? Ah, giusto! Allora io vado, Madre, ci vediamo tra qualche giorno, se Padre ti contatta salutalo da parte mia!».
    Inamor lo salutò dandogli una bacio su entrambe le guance, rassicurandolo: «Buona giornata caro Rayshin, mi raccomando: non dare troppo peso alle mie parole, altrimenti non potresti divertirti, o no?».
    Rayshin rispose con un cenno di capo, ed uscì dalla stanza, seguito da Francesco e poi infine dalla giovane Irene. Questa si inchinò ancora davanti ad Inamor, e poi si accinse a seguire il ragazzo ma, prima che potesse farlo, una mano le afferrò il braccio, chiudendoglielo in una morsa dura ma non pressante.
    La cameriera si voltò, e vide che a trattenerla era proprio Inamor che le disse, a voce bassa: «Irene, mi raccomando, fai come tutti gli altri anni, d'accordo?» e la lasciò subito andare.
    La cameriera, sorridente, piegò il busto verso la donna: «Certo Madame, farò in modo che né il Signorino Rayshin e né il Signorino Esteban vincano il Torneo odierno, come ho sempre fatto!». Detto questo, uscì dalla stanza e chiuse la porte alle spalle.
    Inamor, rimasta sola, commentò: «E' importante che tutto resti così com'è... Infondo è quello il nostro compito, per il momento: sarebbe una tragedia se Rayshin ed Esteban morissero» e ritornò a fissare la figura al centro del soffitto.
    «Lasyrindes... Nostro Sommo Imperatore...» fu tutto ciò che commentò.

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    - ??? - Ore 8:20

    «Elsmay, è tutto pronto per la giornata?» domandò una voce, giovanile, dalla cima di una scalinata su cui si intravvedeva un trono. «Ho fatto preparare la squadra di Delver a dovere, per cui se fallisse sarebbe triste, non credi?» chiese ancora.
    Alla base della scalinata vi era una figura avvolta in un mantello di colore blu notte, ma con il viso nascosto nell'oscurità che regnava nella stanza, impedendo di vederne con chiarezza i lineamenti.
    La figura, che rispondeva al nome di Elsmay, dichiarò con voce profonda: «Certo, sommo Ierofante, Delver è già partito, come da suo ordine... Tutto è pronto per la giornata!».
    Dalla cima della scalinata si udì il battito di mani, assieme alla stessa voce giovanile di prima: «Che bello! Che bello! Se hai organizzato tu tutta la faccenda, allora non c'è niente da temere... Chissà che faccia farà il mio fratellone, appena mi vedrà in azione... D'altro canto, spero che Emas si stia impegnando in Cina: ci ha ancora contattato?».
    Elsmay illustrò subito, levando la mano sinistra e aprendo così a mezz'aria un ologramma, che fece scorrere velocemente: «Ovviamente Emas ci ha informati, e per ora sta opportunamente celando il nostro intervento in modo tale che le forze del Ministro Elger non ci scoprano... Almeno fino a quando Delver non avrà completato l'incarico!».
    La voce dal trono indagò ancora: «Mentre invece come si sta comportando il caro e fortunatissimo Elger?».
    Elsmay richiuse con un rapido gesto l'ologramma, e disse piuttosto soddisfatta: «Elger attualmente si è temporaneamente stabilito nella città di Pechino, dove sta coordinando le operazioni per riconquistare l'intera zona... Se continua così, nel giro di un paio di giorni avrà liberato l'intera area: d'altronde una ribellione così debole non può avere lunga vita, specie se così malamente organizzata».
    «Bene! Lasciamo pure quei ribelli cinesi al loro destino, così la squadra di Delver potrà agire indisturbata e noi avremo quel ragazzo! Oh, come saremo felici, di nuovo assieme... Solo una piccola cosa...» si apprestò a dire la voce nell'ombra, prima di avere un piccolo tremito.
    La figura dal mantello blu notte chiese, sorpresa: «Che cosa, Maestro?».
    La voce di prima sembrò esitare qualche secondo, poi disse timidamente: «Puoi chiamare un elettricista? Temo che l'impianto si sia di nuovo fulminato, e tutta questa oscurità mi fa paura: la stanza è troppo tetra...».
    Elsmay, dopo qualche secondo, rispose, lievemente imbarazzato: «Ehm, sarà fatto al più presto, Maestro».
    Alla risposta affermativa dell' uomo, la figura sul trono si alzò, rivelando nell'ombra un fisico ed un'altezza piuttosto minuto, e continuò: «Ottimo! Ora è tempo che anch'io mi prepari: se arrivassi in ritardo potrebbero insospettirsi, e noi non vogliamo questo!». Detto questo, la piccola figura scomparve rapidamente in un vortice di luce biancastra, senza lasciare alcuna traccia.
    Elsmay, rimasto solo nella stanza oscura, augurò semplicemente: «Buona fortuna, Maestro...», e anche lui si smaterializzò, ma in questo caso in un vortice di luce bluastra.


    Bene, e questo era il primo capitolo, che ho pubblicato ancor prima di terminare il terzo (ma infondo cerco sempre di rispettare le mie promesse). Abbiamo incontrato Rayshin e sua madre Inamor, la quale sembra sapere qualcosa su questo fantomatico "Torneo dell'Incoronazione", assieme alla cameriera Irene. Cosa succederà in questo evento? A questa domanda otterrete risposta nel prossimo capitolo "LE RIVELAZIONI DEL MINISTRO ISROTH".
    Ah, già, c'è anche il misterioso Ierofante, che sembra cominciare a muoversi assieme al suo Ordine. Chi sarà mai il misterioso "fratellone" a cui si riferisce?
    Per ora vi aspetto al prossimo capitolo, nel quale incontrerete il misterioso "fratellone" (o forse lo avete già incontrato, chissà...).

    Edited by Xivren - 12/10/2015, 22:11
     
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