L'Ombra Bianca

[SERIO][COMICO][AVVENTURA][VM13]

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    «E così, sei arrivato veramente in groppa al tuo Numel urlando?»
    «Ehi, è stata un’idea efficace!»
    Tyler e Maryanne si stavano sganasciando dalle risate, seduti nell’ambulatorio medico mentre Endaron e Ruby si facevano curare le ammaccature dell’ultimo exploit al Tunnel Menferro.
    Ruby continuava a dipingere grottescamente il suo rocambolesco salvataggio: «E non avete visto come teneva Oddish fra le mani! Sembrava volesse scuoterlo come un barattolo di sale, per versare tutt’intorno quelle schifezze!»
    «Si chiama “attacco chimico”, pivello».
    «Ahaha, avanti, per un pelo non rimanevamo intossicati anche noi!»
    «Vi ripeto che era tutto calcolato» fece Endaron, fingendosi offeso e voltandosi dall’altro lato.
    I medici vollero tenere sotto osservazione Ruby per la notte, a causa del forte stress a cui il suo apparato respiratorio era stato sottoposto, e così l’allegro gruppetto trascorse l’intera giornata del 13 Agosto in ospedale, a far compagnia al ragazzo a suon di aneddoti e finte scaramucce.
    Con la scusa del sentirsi la testa che girava, Endaron riuscì a scroccare anche per sé un posto letto in ospedale per quella notte: i medici si erano preoccupati per la sua lieve commozione cerebrale, e decisero di tenere anche lui sotto osservazione. La notte passata in camera assieme al compagno non fu particolarmente movimentata: Ruby la trascorse addormentato come un sasso, mentre Endaron rimase per tutto il tempo a guardare fuori dalla finestra. Il cristallo dell’infisso era sorprendentemente pulito, e lasciava vedere perfettamente la volta stellata all’esterno. Non vedeva molte luci, fuori da quella finestra: si affacciava proprio sulla porzione montuosa in cui era scavato il tunnel, interamente ricoperta dalla vegetazione. La sua camera era al secondo piano della bassa palazzina che ospitava la clinica di Mentania, ma gran parte degli edifici della cittadina non erano altrettanto alti, e così la vista fuori da quella finestra era libera da ogni impedimento. Contò le stelle, cercò invano il Piccolo e il Grande Carro, si chiese se quello era lo stesso cielo che vedeva da casa sua…si addormentò.

    La mattina dopo furono dimessi entrambi con un certificato medico e una pacca sulla spalla. Usciti dalla clinica, c’erano Tyler e Maryanne ad aspettarli, a bordo del loro inseparabile furgoncino (a cui avevano fatto riparare i vetri dei finestrini, probabilmente durante la notte).
    «Che fai Ruby, vieni con noi? Ti diamo un passaggio a Brunifoglia!» fece Tyler, con gli occhiali da sole sul naso e un braccio fuori dal finestrino.
    «Arrivo subito!»
    «E così ci dividiamo, pivello».
    «Non è un addio…ricorda che noi abbiamo un conto in sospeso».
    «Certo, e finora siamo due a zero per me».
    «Ok, te lo concedo, mi hai salvato la pelle là sotto…»
    «Attento a te, non ci sarò sempre io a guardarti le spalle».
    «So cavarmela anche da solo, non farmi una femminuccia indifesa».
    «Vedi di sopravvivere fino alla prossima volta, quando conteremo i nostri Fiocchi».
    «Allora dirò alla morte di aspettare qualche giorno in più».
    I due si strinsero la mano e si salutarono. I reporter di Hoenn TV fecero ciao dal finestrino e, non appena Ruby fu salito a bordo, partirono verso Est, lasciando Mentania.
    Endaron rimase da solo, in piedi, sul marciapiede.

    * * *



    «Mack? Sono Marge».
    «Heilà Marge! Hai fatto progressi con la ricerca della Sfera Rossa?»
    «No, c’è stato un contrattempo. Anzi…continua a cercarla senza di me, ho un affare da sbrigare. Penso che mi terrà impegnata per parecchio tempo».
    «Fammi indovinare…c’entra quel ragazzo del sottomarino, Ruby?»
    «Sì. Come hai fatto a..?»
    «Ti conosco da troppo tempo, ahah!»
    «Non mi lascerò sconfiggere così facilmente…»
    «Avviserò il grande capo che ti stai prendendo una vacanza, buona caccia!»
    La giovane donna chiuse la comunicazione e ripose l’apparecchio nella giarrettiera sulla coscia. Aveva i vestiti bruciacchiati qua e là e ogni tanto faceva ancora qualche colpo di tosse. Era riuscita a scappare dal tunnel e a rifugiarsi sulla cima della cresta montuosa poco prima che i poliziotti arrivassero a vedere cosa fosse successo. Dei suoi sottoposti non aveva più notizie – o erano finiti in manette o avevano trovato anche loro la propria strada per svignarsela – ma di questo non si preoccupava più di tanto. Anzi, non gli interessava affatto, quella banda di buoni a nulla non sapeva nemmeno piazzare quattro cariche e innescarle senza scatenare un incidente di proporzioni regionali. Probabilmente se la giustizia li avesse risparmiati, ci avrebbe pensato il capo a farli sparire dalla circolazione. Per sempre.
    Dall’altro capo dell’apparecchio, dopo aver riagganciato, Mack continuò ad armeggiare con un altro dispositivo che aveva in mano.
    «Quest’affare ha ancora bisogno di essere modificato», commentò stizzito mentre bisticciava con i comandi, «scommetto che non riuscirebbe a trovarmi nemmeno le chiavi di casa!»
    Dopo qualche click e qualche beep, però, i suoi occhi si illuminarono: «Hey, funziona! Cosa? Due segnali?! Tsk, deve essere rotto…»
    Diede un colpetto al detector e poi continuò a dedurre: «Oppure significa che…la Sfera Rossa e la Sfera Blu sono insieme! E secondo questa lattina sono…al Monte Pira».

    * * *



    Era seduto sulla panchina in legno dall’altro lato della strada, con i gomiti puntellati sulle ginocchia. Aveva percorso solo sette metri dopo essere uscito dalla clinica, lì di fronte. Stava fissando il marciapiede sotto i suoi piedi dalle otto di quella mattina. A Bari non si era mai sentito solo: se era in casa uno dei suoi tre fratelli rimaneva sempre a portata di scappellotto; se era per strada uno dei suoi amici girovagava sempre a portata di cellulare; da quando era partito per Città di Domino, poi, era rimasto perennemente in compagnia delle Generation Next. Aveva passato in solitudine a malapena quei dieci minuti quotidiani in bagno.
    Ma adesso, in una differente dimensione, senza sapere se sarebbe mai tornato indietro, senza poter sfoderare un telefono satellitare (a proposito, che fine aveva fatto il suo cellulare? Forse era finito carbonizzato sul Monte Camino), senza poter mandare un’e-mail (ehi, non aveva ancora visto un personal computer da quando era sbarcato lì!) a nessuno, senza nessun volto amico intorno, aveva iniziato a provare la solitudine. A conoscere quella bestia che rimane in silenzio quando c’è qualcuno a parlarti, ma che ti fa rabbrividire quando in una stanza vuota i suoi respiri sono l’unica cosa che senti. Certo, di persone gentili e cordiali ne aveva incontrate parecchie: le infermiere, i guardiani, i reporter...(adesso che ci pensava, i guardiani e le infermiere sembravano stampati col fotocopiatore), ma gli amici sono più che persone cordiali. Davanti a lui passò una ragazza, diretta verso il centro della città. Presto o tardi si prova il bisogno di sentirsi a casa: gli amici sono quelle persone che quando ti circondano, ti fanno sentire a casa – non importa se a Bari o oltreoceano. Era partito dalla sua città il 30 Settembre, ma ormai era il 14 di Agosto ed era ancora disperso in non si sa quale parte della Galassia (sempre se si trovava ancora in un sistema della Via Lattea, ovvio). Non si era mai vantato di essere un uomo d’azione, un avventuriero con la paura di niente, un lottatore con la scorza dura e senza sentimenti. Voleva solo tornare a casa. Ah, a casa! Nel terminal di Palese Macchie, mentre aspettavano la partenza in fibrillazione aspettando Gius (ahah, ancora si ricordava i sali di Mark che lo fecero rinvenire dallo svenimento!), era sicuro che non avrebbe voluto più tornare da Città di Domino – anche se non l’avevano mai vista prima di allora. Era sicuro che si sarebbero innamorati della colata di cemento e acciaio che li attendeva sulla West Coast.
    Davanti a lui passò una ragazza, diretta verso la periferia della città, con delle buste della spesa. Si fermò davanti alla panchina per qualche secondo, in silenzio, e poi chiamò: «Endaron!»
    Alzò lo sguardo di scatto, chiamato fuori dalla sua nube di pensieri.
    «Che ci fai qui? Sono almeno tre ore che sei seduto su questa panchina!»
    «…davvero? Che ore sono?»
    «Le undici!»
    «Ah…pensavo».
    «Cos’hai di così complicato a cui pensare?»
    «Qualcosa si trova sempre».
    «Non hai niente di meglio da fare che rimanere inchiodato su una panchina a beccarti tutto il giorno il sole in testa?»
    «È la cosa più avvincente a cui sono riuscito a pensare».
    «Mi aiuteresti a portare la spesa a casa?»
    Endaron si alzò senza pensarci due volte: «Ma certo».
    Wallene abitava ai margini di Mentania. Per raggiungere la villetta della sua famiglia bisognava prima percorrere il viale principale della città fino alla fine e poi imboccare una piacevole stradina secondaria in terra battuta, inondata dall’ombra degli alberi profumati. In una decina di minuti sarebbero arrivati a destinazione, lo rassicurò la ragazza.
    Lungo il tragitto, Wallene si fece sempre più incalzante e insistente, finchè non convinse Endaron a rivelarle i suoi pensieri e a raccontarle la sua storia: «Non mi crederai, ma l’hai voluto tu» esordì.
    Aveva deciso di iniziare davvero dall’inizio, così, benchè fossero già arrivati sulla soglia di casa sua, la ragazza aveva sentito il racconto solo fino a quando la Generation Next era scampata per un pelo al crollo del Casinò di Città di Domino.
    «Sembra che siamo arrivati a casa tua» si interruppe Endaron, con le buste della spesa in mano.
    «Sì ma voglio continuare ad ascoltare la tua storia! Vieni, entra pure, fermati anche a mangiare se vuoi».
    «Uh, grazie! Allora, stavo dicendo, Mark aveva un milione di dollari addosso ma era appena finito in fiamme, quando io…»
     
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    É un capitolo tra il divertente e il triste, lascia un po' le cose in sospeso, ma è molto figo. Descrive abbastanza bene la mia situazione di "continuo casino ovunque mi volto", ma onestamente la solitudine mi piace, quelle rare volte che la ottengo :asd:
    Certo, non mi piacerebbe troppo spesso: sono abituato diversamente, ma ogni tanto ci vuole :sisi:
    Aspetto il prossimo, non dico altro.
     
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    Miei tre lettori, se ci siete ancora, battete un colpo.

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    Misero la spesa a posto e il ragazzo continuò, seduto al tavolo della cucina, a raccontare le favolose avventure della Generation Next anche mentre Wallene preparava il pranzo. La storia non era ancora finita quando rientrò in casa Riley dal lavoro.
    «…a quel punto il nostro Piccione della Fiamma Fulminato schizzò in aria con un balzo e trapassò in un sol colpo l’Homunculus Dor- Ciao Riley!»
    «Uh, ciao Endaron! Non pensavo di rivederti così presto!»
    «…stai dicendo che mi vuoi fuori dalle palle?»
    «No, ehm», il giovane diventò rosso, imbarazzato, «volevo dire…non pensavo che ti saresti rimesso in piedi così presto! I dottori sembravano preoccupati…»
    «Tranquillo, io e i miei amici siamo sopravvissuti a voli dal trentesimo piano di un casinò in fiamme, a mitragliamenti di navi spaziali, a corse suicide contromano sulle statali e siamo anche scampati ad un bombardamento atomico. Non sarà un po’ di fumo e qualche scossone a togliere di mezzo Endaron».
    «…dici sul serio?»
    «Ho la faccia di uno che scherza?»
    «Beh, veramente…»
    «Avanti, mettiti comodo e ascolta, sto finendo di raccontare a Wallene come sono finito qui».
    Salutò la ragazza con un bacio, andò nel bagno per rinfrescarsi qualche minuto e dopo si sedette anche lui al tavolo della cucina, incuriosito.

    «Allora…tu sei arrivato qui da un altro mondo?» riprese la parola Riley, a pranzo finito, tentando di trarre le conclusioni di quanto aveva sentito, piuttosto incredulo.
    «È l’unica spiegazione che sono riuscito a darmi finora».
    «Beh, amico mio, se c’è una persona che può aiutarti, quella è il Signor Stone».
    «…Stone?»
    «Sì, il presidente della Devon!»
    «Ah, le Industrie Devon!»
    «Esatto!» ribatté caloroso l’operaio, per poi domandare: «Ma se vieni da un altro mondo, come fai a conoscerle?»
    «Aehm…»
    I due fidanzati pendevano dalle sue labbra e aspettavano in silenzio che Endaron finisse di elaborare il suo pensiero.
    «Non ne ho la più pallida idea».
    E invece ce l’aveva eccome, un’idea. Il mondo dove era capitato era tale e quale quello descritto da Hidenori Kusaka in Pokémon Special, non aveva più alcun dubbio. Quel manga lo aveva letto diversi mesi prima della partenza da Bari, in estate, ma la storia a grandi linee se la ricordava…per non parlare del background: impossibile dimenticare cosa siano i Pokémon e come sia fatta la regione di Hoenn, setacciata pixel per pixel con le scarpe da corsa in Pokémon Versione Rubino, anche dopo una commozione cerebrale. Kusaka, Tajiri e tutti quelli di Game Freak non erano solo dei visionari, avevano descritto un mondo parallelo! O forse…quel mondo parallelo era stato creato a immagine e somiglianza di quello immaginato dai giapponesi…
    «Ehi amico», lo fece ritornare alla realtà Riley, «allora ci stai?»
    «Come scusa?»
    «Non hai sentito cosa ti ho appena detto?»
    «Ehm, veramente ero un attimo sovrappensiero, mi spiace».
    «Dicevo, che ne dici se nel pomeriggio ti accompagno a Ferrugipoli? Forse quelli della Devon sono gli unici ad avere le tecnologie necessarie per riportarti a casa!»
    «Te ne sarei davvero molto grato, Riley! Sempre se per te non è un disturbo…»
    «Ahah, ma figurati, il team del Tunnel Menferro è ancora in debito con te e Ruby per aver finito tutto il lavoro al posto nostro!»
    «Dovreste ringraziare gli Exploud, piuttosto…ma rischiereste di rimanere con le ossa polverizzate, se tentaste di avvicinarvi troppo e loro vi urlassero contro».
    «Hai perfettamente ragione» annuì il ragazzo sfregandosi il mento. «Vado di sopra a riposarmi, partiamo per le cinque?»
    «Perfetto».
    Quando Riley si alzò dal tavolo, Endaron offrì il suo aiuto a Wallene per sparecchiare e lavare i piatti, ma la ragazza rifiutò categoricamente: era suo ospite! Gli disse piuttosto che poteva andare in giardino a far mangiare e giocare i suoi Pokémon: a breve gli avrebbe portato una coppa di spuntini.
    «Hai ragione, hanno bisogno di pranzare anche loro».
    Seduto sotto un albero – lì intorno era tutto pieno di verde, erano praticamente in un bosco – vedeva Oddish che si divertiva ad andare a cavallo, seduto sulla groppa di Numel che faceva il giro dell’aiuola. Il Signor Stone era il padre di Steven Stone, il Campione della Lega Pokémon, ed era una persona dal cuore grande, a quanto si ricordava. Se avesse potuto, lo avrebbe aiutato di certo. Ad Hoenn sembrava che la gente non mostrasse alcun attaccamento al vil danaro. Quelli di Devon poi avevano sicuramente tecnologie all’avanguardia: erano stati in grado di sviluppare il Pokémon Navigator, le Timer e Bis Ball, i componenti elettronici per un sottomarino…ma il loro livello tecnologico sarebbe stato sufficiente a creare una macchina per wormhole? Innanzitutto, sapevano che diavolo fosse, un wormhole? A stento lo sapeva lui, figurarsi se avesse dovuto trovare le parole giuste per spiegarlo ad una squadra di ingegneri a digiuno di astrofisica e teoria dei quanti! Teoria dei quanti…e se la fisica di quella dimensione fosse diversa da quella del Modello Standard? Dopotutto, creature viventi erano in grado di sparare Iper Raggi, lanciare Gigassorbimenti, sprigionare attacchi Falcecannone e piegare cucchiai con la telecinesi…
    Wallene uscì in giardino con la coppa di spuntini per la Malerba e il dromedario che aveva promesso fra le mani. Sorrise ad Endaron e lui ricambiò. Soffermò lo sguardo sulla sua camicia bianca che si gonfiava con la brezza. Gli tornarono in mente quelli dell’organizzazione dei tipi in bianco. Loro dovevano avere la tecnologia per i wormhole! Era colpa loro se prima erano finiti nella landa desolata e poi lui era piombato ad Hoenn! Se tale tecnologia non è conosciuta sulla Terra, allora per forza di cose quelli devono provenire da una differente dimensione! Oppure…oppure no, potevano essere anche la tipica lobby con le tecnologie di cinquant’anni più avanti che controlla segretamente il Mondo intero… Roba tipo gli Illuminati, i Templari o cazzate del genere…
    Ci capiva sempre meno: le ipotesi da verificare erano troppe ma lui era uno solo. Sperava che il Signor Stone gli avrebbe dato una mano, o almeno, gli avrebbe indicato qualcuno in grado di farlo.

    «Endaron, vestito tutto di nero così come sei adesso dovrai sentire un caldo infernale!»
    «Eh, in effetti…»
    «Vieni con me, in armadio dovremmo avere un paio di camicie della tua taglia che di solito porta Wally».
    Pochi minuti prima della partenza, Wallene regalò al suo ospite anche un nuovo cambio di vestiti: una camicia bianca in lino e un paio di pantaloni leggeri azzurri. Indossatili, Endaron ripose il paio di pantaloni scuri del suo fu completo elegante della premiazione e la maglietta nera nello zaino, determinato a restituirla a Fiammetta quando l’avrebbe rivista.
    «Avanti, vieni a specchiarti e guarda come ti stanno!»
    Mentre il ragazzo guardava distrattamente la sua immagine riflessa, le chiese: «Ma perché lo fai?»
    «Si aiuta sempre un amico in difficoltà! E poi sono sicura che a Wally non dispiacerà per niente avere una camicia in meno qui…anzi, forse non se ne accorgerà neanche».
    Ogni giorno che passava Endaron rimaneva sempre più stupito dalla sincerità e dalla bontà delle persone che incontrava. Tutti facevano la propria parte per aiutarlo, nessuno pretendeva niente in cambio. Se fosse capitato…a Manhattan, per fare un esempio, era sicuro che nessuno si sarebbe curato di lui, anzi, lo avrebbero trattato come un mendicante! Laggiù ad Hoenn parevano avere tutti due braccia e due gambe, quindi dovevano essere umani proprio come quelli del suo mondo. Ma allora…cosa li rendeva così diversi? O perlomeno, diversi dagli spregiudicati ed egoisti abitanti delle città capitalistiche dell’Europa e del Nordamerica? Già…non era mai stato in viaggio in altri paesi lontani…come quelli dell’America Latina, o dell’Asia…chissà se lì la gente è diversa, spontanea come gli abitanti di Hoenn… Se così fosse, allora…
    «Riley sembra pronto, non senti il clacson?»
    «Uh, è vero!»
    «Beh, allora…buon viaggio Endaron. Spero riesca a tornare a casa presto!»
    «Già…lo spero anch’io. Grazie per ogni cosa, Wallene, davvero».
    La ragazza lo accompagnò fin sull’uscio di casa, poi si salutarono, forse per l’ultima volta. Endaron salì sul pick-up di Riley con il suo zaino in spalla.

    * * *



    «Signore mi dispiace, di qui in poi non potete passare».
    «Cos’è questa storia, agente?»
    «Un VIP sta per partire dall’eliporto Devon, e finchè non sarà decollato l’area è off-limits».
    «Un VIP? Ma di chi sta parlando?»
    «La Capopalestra Roxanne».
     
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    La mia versione era Pokémon Zaffiro! ù.ù
    Una volta effettivamente mi sono soffermato su come potrebbe essere perdersi nel mondo di Pokémon, riflettendo proprio sulla diversa mentalità dei due mondi. Comunque, questi capitoli sono tutti molto leggeri come contenuti, non c'è mai il vero e proprio colpo di scena, ma sembra essere rimandato all'infinito. Certo funziona, almeno per me, ma forse dovresti riempirli di più (se proprio non vuoi allungarli).
     
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    Riley, ancora al volante, si lamentava con l’agente di polizia con la paletta in mano che gli sbarrava il passo: «Ma…il Capopalestra non può lasciare la palestra incustodita!»
    «A meno che non riceva una convocazione urgente dalla Lega» obiettò Endaron, rivolgendo uno sguardo sornione al poliziotto.
    «In qualsiasi caso non sono affari che vi riguardano», abbaiò quello, «Circolare!»
    «Puah, nelle grandi città succedono sempre cose allucinanti» continuò Riley mentre faceva inversione per cambiare strada.
    «Tranquillo Riley, puoi anche lasciarmi qui, aspetterò finchè le acque non si saranno calmate e poi andrò a parlare con il Signor Stone».
    «Dubito che ti lasceranno entrare tanto facilmente amico! Però…», l’operaio girò la testa e rivolse lo sguardo al casco giallo sul sedile posteriore del pick-up, «potresti sempre dire che sei del team del Tunnel Menferro».
    «E questo come cambierebbe le cose?»
    «Devon ci ha fornito gran parte delle scavatrici per costruire la galleria! Puoi spacciarti per qualche ingegnere che ha qualcosa di urgente da dire al Presidente Stone».
    «Uhm, sì, spero solo che la mia camicia di lino non sia troppo pulita per uno che lavora nel tunnel».
    «Avanti, prendi quel casco là dietro, ti aiuterà a calarti nel personaggio»!
    «A te non serve?»
    «Ne abbiamo a bizzeffe in cantiere, vai tranquillo amico!»
    Endaron scese dalla macchina, con zaino e casco giallo da operaio al seguito, e salutò Riley con una vigorosa stretta di mano. Nel frattempo, una decina di metri più in là, oltre il cordone di sicurezza della polizia un nugolo di reporter attorniava Roxanne. Il ragazzo si avvicinò e tese l’orecchio: «Roxanne, è vero che la convocazione è partita dalla Capopalestra di Cuordilava, Flannery?» «Roxanne, le nostre fonti ci dicono che si tratta di qualcosa di minaccioso per l’intera regione di Hoenn!» «Roxanne, si tratta degli sconvolgimenti climatici degli ultimi giorni, non è così?» «Roxanne Roxanne!»
    L’altera ragazza non spiccicò nemmeno una sillaba con i giornalisti, procedendo a passo svelto fino all’ingresso monumentale della sede di Devon, dove le guardie bloccarono l’ingresso a tutti gli altri.
    «Bene, ne avranno per un altro quarto d’ora al massimo. Io nel frattempo cosa posso fare..?»
    Si guardò un po’ intorno: era proprio nel cuore della città e si accorse che la Ferrugipoli del videogioco era una versione parecchio semplificata dell’originale (oppure, riprendendo l’altra ipotesi, la Ferrugipoli in cui si trovava in quel momento era stata notevolmente ampliata e rimaneggiata rispetto a quella che conosceva lui). In poche parole, non sapeva affatto dove andare. Pensò a cosa ci fosse di divertente da fare in una città, ma non gli veniva in mente niente che non coinvolgesse anche qualche ipotetico amico. Poi però ebbe l’idea: sfidare qualcuno ad una lotta di Pokémon! Non sapeva se fermare un passante e sfidarlo senza nemmeno conoscerlo fosse un’usanza del luogo, perciò decise di andare sul sicuro e non rischiare di passare per squilibrato. Chiese un po’ in giro dove si trovasse la Scuola per Allenatori e in una decina di minuti la raggiunse a piedi. Non c’erano molti alberi piantati sui marciapiedi, ma fortunatamente gli alti edifici della città proiettavano lunghe ombre per le strade, scarsamente affollate di pedoni o automobili.
    Erano le sei del pomeriggio, quindi l’orario delle lezioni doveva essere terminato da un pezzo, ma dal cortile della scuola provenivano ancora voci di studenti e versi di Pokémon che battagliavano. Il cancello era spalancato e così Endaron entrò nel recinto per metà di muratura e per metà di cancellata. L’edificio era alto solamente due piani e nella parte anteriore del cortile c’erano due aiuole con alberi frondosi e qualche panchina perennemente all’ombra. Sul retro, a giudicare dagli schiamazzi, doveva esserci il campo di battaglia della scuola.
    Girò intorno all’edificio e, arrivato dall’altro lato, vide cinque o sei ragazzine sedute in fila sul muretto di cinta che assistevano infervorate allo scontro di due ragazzini e delle rispettive squadre Pokémon. In quel momento, uno Shroomish se la stava vedendo con un Geodude.
    «Continua con l’attacco Rotolamento!»
    La palla di pietra rotolava a velocità sorprendente attorno al Pokémon Fungo, sollevando una quantità non indifferente di polvere, quando cambiò improvvisamente direzione per investirlo e sbalzarlo lontano.
    «Sìì!! Ogni volta che ti colpisco, il danno della mia mossa aumenta!»
    «Il mio Shroomish ha tutte le armi per fermarti, Rich! Coraggio, alzati in piedi e attaccalo con Paralizzante!»
    Il goffo fungo rotolò di lato finchè non riuscì a recuperare la posizione eretta, quindi si gonfiò e subito si contrasse, rilasciando nell’aria una nube di spore giallastre che piovvero contro l’avversario.
    «Oh no, Geodude è stato paralizzato! Forse non riuscirà ad attaccare!»
    «Esatto, proprio come hanno spiegato oggi a scuola!»
    Mentre Shroomish ghignava soddisfatto il Pokémon Roccia arrestava scompostamente la sua corsa, a causa del sempre maggiore torpore che le spore provocavano ai suoi muscoli.
    «Ora che è vulnerabile gli infliggerò il colpo di grazia! Attacco Assorbimento!»
    «Oh no, che faccio adesso? Con la Paralisi il mio Geodude non è più abbastanza veloce da attaccare per primo! Ho perso!»
    Endaron, che fino a quel momento era rimasto in disparte a divertirsi osservando con quanta passione quei due allenatori poco più che bambini si sfidavano, disincrociò le braccia, si scollò dalla parete dell’edificio e intervenne: «Perché non ordini al tuo Geodude di usare Lucidatura, ragazzino?»
    «Ma tu chi sei?»
    Già, chi era lui per imbucarsi in una scuola e dare suggerimenti agli studenti che si esercitavano?
    «Sono…un amico di Roxanne, la Capopalestra!»
    Il suo senso della balla era sempre pronto e reattivo.
    «Ma…io non ti ho mai-»
    «Sbrigati, o il tuo Geodude non avrà scampo per davvero!»
    «E va bene, usa Lucidatura!»
    Mentre la palla di roccia iniziò, seppur con fatica, a sfregarsi il corpo con i pugni per ridurre la ruvidezza e l’attrito, l’attacco Assorbimento del fungo a palla andò a segno.
    «Evvai! Ho vinto!»
    Dopo l’attacco, Geodude stava continuando a limarsi la faccia.
    «Non si canta mai vittoria troppo facilmente, ragazzo» fece Endaron. Ah, si ricordava di quanto gli successe a Bari, durante gli allenamenti prima del World Tournament! La sonora sconfitta che incassò dal Deck Armed Dragon di Mark, che lui aveva invece dato per sconfitto prima ancora di iniziare…quell’episodio gli ritornava alla mente davvero spesso.
    «E adesso che faccio?»
    «Eh? Cosa? E lo chiedi a me? Sei tu l’allenatore di quel Pokémon!»
    «Allora attacca con Sassata, Geodude!»
    «Non credo! Shroomish, usa di nuovo Assorbimento!»
    Il fungo rimase per qualche istante immobile, concentrato per prendere la mira e direzionare il suo drenaggio energetico. Nel frattempo, Geodude si guardò intorno, raccolse un sasso abbastanza grande da terra e glielo scagliò contro. Il colpo andò a segno proprio nel momento in cui Shroomish si stava dando lo slancio in avanti per lanciare l’attacco: Sassata risultò in un brutto colpo.
    «Oh no! Sei riuscito ad attaccare comunque!!»
    «E non solo: pare che il tuo fungo sia finito KO» aggiunse soddisfatto Endaron.
    Shroomish era al tappeto e non voleva saperne di mettersi in piedi. Il suo allenatore iniziò a piagnucolare: «Buhuuu non è giusto! Se non fossi intervenuto tu a quest’ora avrei vinto!!»
    «Ehi amico, io non ho fatto assolutamente niente. È stato tutto merito di…» Endaron mise le mani fra i capelli del ragazzo a cui aveva dato le dritte, che finì la frase pronunciando contento il suo nome.
    «Buhuuu…Edwaaaard!»
    Se quello affianco a lui si chiamava Richard, Edward non poteva che essere il nome di quello dall’altro lato del campo di battaglia. Ma che senso ha piagnucolare il proprio nome quando si perde? Poi si accorse che un altro ragazzo stava uscendo da dietro un albero, in un’aiuola al limitare del recinto. Dietro di lui si stava muovendo anche una ragazza, evidentemente seccata. Ad occhio e croce dovevano essere suoi coetanei. Il biondo chiese al ragazzino che lo aveva appena chiamato: «Che c’è Alphonse? Perché piangi?»
    «Sniff, quel tipo affianco a Richard…mi ha fatto perdere!!»
    Con fare da sceriffo della città, Edward si avvicinò minaccioso ad Endaron, iniziando: «Ehi amico c’è qualche problema? Che sei venuto a fare qui? Non ti ho mai visto da queste parti».
    «Sono un amico di Roxanne» rispose il nostro eroe, con il tono di voce più convincente possibile.
    «Balle, non ti ho mai visto nemmeno una volta in città».
    «Hai ragione, perché io vengo da Unima».
    «Oh oh! E perché il grande forestiero si diverte a far piangere i ragazzini della Scuola per Allenatori di Ferrugipoli?»
    «Ho solo dato qualche consiglio a Rich, ma per il resto non ho alzato un dito».
    «Adesso ti insegnerò io a prendertela con quelli della tua taglia!»
    Ma funzionava per frasi fatte, quell’altro coso? Parlare con gente del genere era solamente un’esperienza frustrante. Endaron lo vide estrarre due Pokéball dalla cintura mentre il bambino ritirava il suo Shroomish e continuava a sfregarsi gli occhi; decise di fare altrettanto. Richard ritirò Geodude e lasciò che il ragazzo più grande occupasse la sua metà del campo di battaglia.
    «Ovviamente chi vince si accaparra anche il premio in denaro, forestiero!»
    «Per me non c’è problema, signor sceriffo. Un due contro due ti va bene?»
    «Ma certo».
    Endaron mandò in campo i suoi Oddish e Numel, in attesa che Edward schierasse i suoi due combattenti. Prima di iniziare la battaglia, la ragazza che prima lo aveva accompagnato fuori dall’aiuola gli diede un bacio.
    «Oh Dio», pensò Endaron, «mi sembra di essere in una telenovelas spagnola».
    Il biondo mandò in campo un Taillow e un Loudred. Il Pokémon Rondinella si appollaiò su una delle orecchie del Pokémon Vocione, mentre Numel gettava loro uno sguardo di fuoco.
    «Facciamo in fretta, Taillow! Attacco d’Ala contro quell’Oddish laggiù! Loudred, tu invece usa Gridodilotta!»
    «Uh-oh, lo sceriffo ha già un Pokémon di Fase Due! Beh, allora non ci resta che…Oddish, allunga il Radicamento! Numel, Giornodisole!»
    Mentre Oddish piantava i piedi sottoterra, trasformandoli in radici da cui poter assorbire sostanze nutritive, Taillow spiccò un balzo dal suo trespolo improvvisato e lo sferzò con un Attacco d’Ala. La violenza dell’attacco avrebbe sbalzato via la Malerba, ma grazie al Radicamento incassò il colpo rimanendo ferma sul posto. Loudred iniziò a schiamazzare e a pestare i piedi, caricandosi, e Numel si concentrò, immobile, fino a quando un’aura color arancio lo circondò e ogni nuvola scomparve dal cielo di Ferrugipoli. Il sole estivo delle sei di pomeriggio brillava più che mai in cielo.
    «Ok, il primo giro di danze è andato, ma adesso grazie a questo bel sole mi sa che il secondo lo inizio io! Oddish, usa Megassorbimento su Taillow! Numel, arrostiscilo con Lanciafiamme!»
    «I tuoi Pokémon sono ancora troppo deboli per conoscere quelle mosse!»
    «Sceriffo, è evidente che non hai mai praticato allenamenti mirati».
    «Al diavolo, forestiero! Taillow, usa ancora Attacco d’Ala su Oddish! Loudred, Pestone contro Numel!»
    «Ahah, errore! Mai disperdere le forze della propria squadra su due bersagli diversi!»
    «Sta’ zitto!»
    Grazie all’intensa luce solare, Oddish fu il più veloce a lanciare il secondo attacco: il suo intenso drenaggio parve sottrarre notevole energia a Taillow, che iniziò ad accusare la fatica. L’energia assorbita dall’attacco, sommata alle sostanze nutritive assorbite dalle radici, fu in grado di rimettere la Malerba completamente in sesto: le foglioline sulla sua testa erano turgide e colorate di un verde intenso. Taillow fu il secondo ad entrare in azione ma con il suo attacco non riuscì a mandare al tappeto il bersaglio, come invece Edward si aspettava. Anche Loudred sferrò il suo attacco, con più forza del normale in virtù del potenziamento del turno precedente, schiantando il muso di Numel al suolo con un forte pestone.
    Endaron volle sincerarsi delle condizioni della sua palla di pelo: «Oh no, povero ciccio…non ti sarai fatto male?»
    Il Pokèmon Torpore si rimise in piedi, scosse la testa per riprendersi e procedette con il suo attacco: Taillow fu investito da una veemente fiammata che non riuscì ad evitare, piombando poi al suolo ustionato e fumante.
    «Oh no, Taillow è stato scottato!»
    «Scottato? L’ho spedito via dalle palle, è diverso!»
    Effettivamente, la rondinella non riusciva a rialzarsi ai richiami dell’allenatore, che fu costretto a ritirarla dal combattimento. Alle sue spalle, Rich stava confabulando con le altre studentesse sedute sul muretto: «Ma perché ha usato Lanciafiamme, una mossa di tipo Fuoco, preferendola a Rotolamento, una mossa di tipo Roccia, che sarebbe stata doppiamente efficace contro un Pokémon di tipo Volante?»
    Endaron non seppe resistere alla tentazione e si girò, voltando le spalle ad Edward e rivolgendosi ai ragazzini: «È semplice ragazzi: innanzitutto la forza base di Lanciafiamme è nettamente superiore rispetto a quella del primo stadio di Rotolamento, inoltre se valutate la situazione noterete che Lanciafiamme è stato potenziato dal Giornodisole e dallo STAB, riuscendo ad infliggere comunque il doppio dei danni!»
    «…stache?»
    «Same Type Attack Bonus».
    «Visto che non ti interessa più la battaglia», fece Edward infuriato, «LOUDRED, USA PESTONE FINCHE’ NON LI AVRAI MANDATI AL TAPPETO!»
    «Oddish, Numel, siete in grado di vedervela anche da soli, io ho da fare qui».
    I due Pokémon annuirono e si scambiarono sguardi d’intesa: la battaglia proseguì senza che Endaron si distraesse del dare spiegazioni ai giovani allievi della scuola.
     
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